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Gli ematomi spontanei sono molto frequenti nelle donne

Ematomi spontanei su gambe e braccia: tutto quello che devi sapere

Le pazienti che lamentano ematomi spontanei sulle gambe e sulle braccia sono numerose. Anche nella mia esperienza questo riscontro è frequente. Questi lividi compaiono tra l’altro senza alcun trauma apparente.

Gli ematomi spontanei sono un fenomeno poco studiato e le pazienti stesse si chiedono se sia normale oppure no riscontrare questi lividi. Anche per lo specialista è difficile dare una risposta a questa domanda. Spesso, infatti, non si sa se andare a fondo oppure semplicemente rassicurare la paziente.
Di certo il problema è tipicamente femminile ed è importante capire quando va approfondito.

Ci sono dei segnali per capire quando gli ematomi spontanei sono patologici? In quali situazioni invece puoi stare tranquilla?

In questo articolo cercherò di approfondire questo problema e darti tutte le risposte a queste domande.

Ematomi spontanei: di cosa si tratta?

Questo fenomeno è stato poco indagato in letteratura. Gli studi presenti, infatti, sono piuttosto vecchi e risalgono agli anni ottanta e novanta. Di recente non ci sono ricerche degne di nota su questo problema, che resta oggetto di di controversia.

Gli ematomi spontanei sono stati studiati già nel lontano 1984 in un interessante articolo. Un medico canadese, la dottoressa Bernardette Garvey, ha voluto indagare questo fenomeno riportando la sua esperienza di medico di famiglia.

Secondo la sua casistica, ben il 30% delle donne lamenta la presenza di ematomi spontanei. Questo riscontro avviene soprattutto d’estate quando braccia e gambe sono più spesso scoperte.

La maggior parte delle pazienti segnala questo problema perché lo vive come disagio estetico. Alcune altre, invece, sono preoccupate che ci sia un problema di salute. C’è da dire comunque che queste pazienti erano per lo più sane, senza malattie degne di nota.

Ma allora perché si formano questi ematomi?

Nella gran parte dei casi non c’è una causa apparente. Ci sono invece altre situazioni in cui c’è una malattia sottostante.
Vediamo queste due situazioni più nel dettaglio per capire quando è il caso di insospettirsi.

Ematomi spontanei senza causa apparente

Questo fenomeno è stato chiamato in passato “purpura simplex”.

Nella “purpura simplex” gli ematomi spontanei si osservano in persone sane, tipicamente giovani donne tra i 15 e i 30 anni. Non ci sono altri segni di sanguinamento e a volte gli ematomi si intensificano nel periodo mestruale. Inoltre, spesso c’è una storia familiare positiva negli individui di sesso femminile (mamma, zie, nonne).

Gli ematomi spontanei senza causa apparente si osservano più spesso su braccia, cosce e glutei. Hanno dimensioni modeste (di solito il diametro è al massimo di 4-5 cm) e spesso sono conseguenti a traumi molto lievi che la paziente nemmeno ricorda.

In queste donne non si riscontrano alterazioni della coagulazione e non c’è rischio di aumentato sanguinamento qualora dovessero sottoporsi a un intervento chirurgico. Questa condizione non è progressiva e rappresenta per lo più un problema estetico, ma comunque non banale.

Le cause non sono note.
Sono state ipotizzate alterazioni della parete vascolare, che diventerebbe meno resistente a causa degli ormoni sessuali femminili. Secondo uno studio del 1992, infatti, il numero di maschi affetti era nettamente inferiore a quello delle donne. Inoltre, nelle donne gli ematomi erano mediamente più grandi rispetto a quelli degli uomini.
Sempre in questo studio si è osservata una associazione tra fumo e presenza di ematomi. Tuttavia, siccome non c’era rilevanza statistica, non possiamo ipotizzare che ci sia un nesso di causa-effetto.

Un esempio di ematoma spontaneo sulla coscia

Un altro studio un po’ datato ha messo in luce risultati interessanti.
Un insieme di 75 donne con ematomi spontanei è stato suddiviso in due gruppi in base a come funzionavano le piastrine. Nel gruppo 1 le pazienti avevano un normale funzionamento delle piastrine, nel gruppo 2 un funzionamento anomalo.
In entrambi i gruppi i valori della coagulazione del sangue erano normali.

Nel gruppo 1, quello in cui le piastrine funzionavano normalmente, c’è stato un curioso riscontro. Nel 60% di queste pazienti il numero dei megacariociti era più alto del normale.
Cosa sono i megacariociti?
Si tratta le cellule precursori delle piastrine, potremmo dire i loro progenitori. Questo riscontro correlava in alcuni casi anche con la presenza di anticorpi diretti proprio contro le piastrine.

Come possiamo interpretare questi dati?

Le spiegazioni possibili sono due.

La prima presuppone che ci sia una alterazione vascolare come prima causa (il che spiegherebbe gli ematomi spontanei).
Di conseguenza, gli anticorpi dell’organismo si sensibilizzerebbero alle molecole precedentemente protette dall’integrità dei vasi sanguigni. Questi auto-anticorpi reagirebbero anche contro le piastrine, che quindi tenderebbero ad abbassarsi. Il loro numero, però, verrebbe mantenuto entro i valori normali grazie a un incremento della produzione dei precursori, i megacariociti appunto. Ciò spiegherebbe come mai la loro percentuale era più alta.

La seconda ipotesi identifica negli auto-anticorpi l’alterazione iniziale. Queste molecole, prodotte in modo anomalo, sarebbero capaci di colpire sia per le piastrine sia le cellule dei vasi sanguigni, che quindi verrebbero danneggiati. Ciò renderebbe più facile lo sviluppo di ematomi.

Secondo questa interpretazione, la “purpura simplex” farebbe parte di un gruppo più ampio di malattie auto-immuni che distruggono le piastrine, e ne rappresenterebbe una forma più “leggera”.

Ematomi spontanei con malattia sottostante

Vediamo ora quali sono le malattie che possono associarsi alla presenza di ematomi.

Alterazioni delle piastrine

La situazione più frequente è un calo del numero delle piastrine. Si parla in questo caso di piastrinopenia. A cosa servono le piastrine? Sono fondamentali perché tappano eventuali rotture dei vasi sanguigni,evitando le emorragie.

Perché le piastrine diminuiscono?
Può succedere perché ne vengono prodotte di meno oppure perché vengono distrutte più velocemente (questa è la situazione più comune).

Ma in che modo vengono distrutte più rapidamente?
La causa più frequente è di tipo auto-immune, cioè l’organismo produce anticorpi che attaccano proprio le piastrine. Questo può avvenire senza cause apparenti oppure dopo infezioni, assunzione di farmaci o in associazione ad altre malattie auto-immuni.
Spesso il problema si scatena dopo la gravidanza.

Quando le piastrine sono particolarmente basse, gli ematomi hanno caratteristiche ben precise. Si chiamano in questo caso petecchie.

Un esempio di petecchie

Le petecchie sono delle vere e proprie emorragie cutanee che hanno l’aspetto di piccole macchie piatte e puntiformi. Il colore può essere rosso, violaceo o marrone. Spesso somigliano a un’eruzione cutanea, ma non scompaiono premendo con il dito.
Le petecchie si formano tipicamente nelle aree sottoposte a pressione, come ad esempio sotto la cintura, sulle gambe o sui piedi.

Cos’altro può far pensare che le piastrine siano basse?
In questa situazione la paziente di solito è in grado di ricordare quando ha iniziato a sviluppare gli ematomi. Spesso si associano anche mestruazioni particolarmente abbondanti, che prendono il nome di menorragia.

Cosa fare nel sospetto di piastrine basse?
Basta un semplice esame del sangue per vedere se il numero di piastrine è normale. Possono seguire degli esami più specifici e una visita con l’ematologo.

Alterazioni della coagulazione del sangue

In questi casi gli ematomi spontanei si associano a sanguinamento all’interno dei muscoli e delle articolazioni. Si tratta quindi di problemi clinici più gravi.

In presenza di alterazioni della coagulazione del sangue, gli esami mostreranno un allungamento dei tempi di coagulazione (PT e PTT).
Se è allungato il PT può trattarsi di una malattia del fegato oppure di assunzione di farmaci anticoagulanti.

Se è il PTT ad essere alterato si tratta probabilmente di mutazioni nelle proteine della coagulazione, presenti quindi dalla nascita.
In altri casi il motivo può essere la presenza di sostanze anticoagulanti causate da malattie autoimmuni, infezioni oppure dopo il parto.

Farmaci

L’aspirina è il più comunemente responsabile di ematomi spontanei in quanto riduce il funzionamento delle piastrine. Essa provoca un’anomalia nell’attivazione delle piastrine che dura per tutta la loro vita, quindi circa 10 giorni.

L’Aspirina è il farmaco più comunemente associato a ematomi spontanei

Molte pazienti non danno peso a questo effetto dell’aspirina e ne assumono abbondantemente per tosse o raffreddore, dimenticando che è il farmaco che più di ogni altro danneggia le piastrine. Spesso capita che addirittura dimentichino o neghino di averlo assunto.

L’aspirina condivide la sua azione anti-piastrinica con tutti i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), comunemente usati per dolore e infiammazioni. Bisogna quindi prestare attenzione alla loro assunzione.

Anche altri farmaci possono interferire con le piastrine provocando ematomi spontanei. Alcuni esempi sono gli antibiotici, gli alfa e beta-bloccanti per l’ipertensione, l’eparina sottocutanea, i diuretici e i cortisonici.

Alcool

Grandi quantità di alcolici assunte per un lungo periodo di tempo possono causare alterazioni delle piastrine e delle proteine della coagulazione, provocando ematomi spontanei.

Dieta

La carenza di ferro può associarsi alla presenza di ematomi spontanei e la sua supplementazione con gli integratori migliora il quadro.

Anche la carenza di vitamina C e di zinco causa sanguinamento. Tuttavia, queste situazioni sono abbastanza rare perché si associano a quadri di malnutrizione.

Per quanto riguarda gli alimenti, aglio, cipolla, ginger e caffè possono associarsi ad anomalie nelle piastrine, ma difficilmente provocano alterazioni cliniche visibili. Lo stesso vale per l’olio di pesce.

Gesti autolesivi

Possono essere di due tipi.

L’ingestione volontaria di farmaci anticoagulanti avviene più facilmente in pazienti che sono già in terapia con questi medicinali, ad esempio a seguito di una trombosi venosa profonda.

Si possono osservare però anche gesti autolesivi traumatici, nei casi in cui la paziente si colpisca volontariamente a causa di forte stress o disagi psichici.
Un indizio che rimanda a questa possibilità è la presenza di ematomi sul lato sinistro del corpo in una persona destrimane, o viceversa in un soggetto mancino. Sarebbe infatti impossibile colpirsi sullo stesso arto che si usa per farsi male.

Ricordiamo anche che la presenza di ematomi apparentemente spontanei può sempre essere la manifestazione di un abuso o di una violenza subita.

Ipersensibilità eritrocitaria

Questa particolare malattia si chiama anche sindrome di Gardner-Diamond, dal nome dei due scienziati che la scoprirono negli anni ‘50.

L’ipersensibilità eritrocitaria è una condizione rara e sicuramente sottostimata.
Si caratterizza per la presenza ematomi spontanei dolorosi e ricorrenti che compaiono soprattutto su braccia e gambe. Gli ematomi compaiono dopo stress emotivi o banali traumi, e c’è un’associazione con gli stati di ansia.
Si osservano in rari casi anche emorragie in altri organi, mal di testa e disturbi visivi, ma anche dolori addominali, muscolari e articolari.

L’ipersensibilità eritrocitaria colpisce tipicamente donne dai 15 ai 40 anni, mentre gli uomini sono colpiti 20 volte meno frequentemente. Questo indica, anche qui, un ruolo degli ormoni estrogeni. Essi, infatti, riducono la resistenza di vene e capillari.

Quali sono le cause di questa malattia?
Dal nome stesso sappiamo che si tratta probabilmente di una reazione auto-immunitaria. Infatti, nei soggetti affetti si osservano anticorpi diretti contro i componenti dei globuli rossi (eritrociti).
Quando questi anticorpi colpiscono il bersaglio, si attiva una risposta infiammatoria che provoca gli ematomi e il dolore.
Non raramente questa malattia si associa ad altre patologie auto-immuni.

Ematomi spontanei e lipedema

Questa patologia merita un approfondimento a parte.
Il lipedema è una condizione clinica probabilmente sottostimata e poco conosciuta anche tra i medici, e colpisce praticamente solo le donne.
La sua caratteristica principale è un accumulo abnorme di grasso negli arti inferiori, che crea una forte sproporzione con il tronco. Le pazienti affette vivono con disagio questa conformazione corporea e non riescono a eliminare il grasso nemmeno con la dieta.

Nel lipedema il grasso si accumula nelle gambe creando una sproporzione con il tronco

Il lipedema si caratterizza anche per altri sintomi. Le gambe sono pesanti e dolenti e spesso si osservano ematomi spontanei, segno di una concomitante fragilità capillare.
Inoltre, a differenza del linfedema, il piede non è mai coinvolto e c’è sempre una simmetria tra i due arti.

Quali sono le cause del lipedema?
Non sono note, ma si pensa anche in questo caso che gli ormoni estrogeni abbiano un ruolo fondamentale. Questo spiegherebbe perché il lipedema tende a comparire con la pubertà e a regredire dopo la menopausa.
Anche la predisposizione genetica ha però un ruolo chiave.

Quali sono le sue conseguenze?
Se non controllato con una dieta adeguata, il lipedema può diventare una malattia degenerativa. In questo caso l’accumulo di grasso diventa tale da compromettere anche il drenaggio linfatico delle gambe. Si possono quindi osservare dei gonfiori estremamente importanti che prendono il nome di lipo-linfedema.

Ematomi spontanei: quando insospettirsi?

Come abbiamo detto, nella maggior parte dei casi puoi stare tranquilla perché si tratta di un fenomeno benigno.
Cerchiamo però di capire quando bisogna farsi visitare. I principali elementi da tenere in considerazione sono la sede e la durata degli ematomi spontanei.

Sede

Se gli ematomi compaiono su gambe e braccia allora sono più facilmente  benigni. Se però si manifestano in aree meno esposte a traumi come faccia, collo, addome o schiena, bisogna sempre sospettare una patologia.

Sarebbe anche utile capire se ci sono altre manifestazioni di sanguinamento.
Ad esempio, le pazienti con piastrine basse hanno spesso emorragie nelle mucose (gengive, naso) e petecchie sulla cute. Inoltre, hanno sanguinamenti prolungati subito dopo un trauma.
Se invece ci sono problemi nei fattori della coagulazione, gli ematomi si estendono a muscoli e articolazioni e compaiono alcune ore dopo il trauma.

Infine, se gli ematomi si associano a un aumento significativo del flusso mestruale, allora bisogna sospettare un problema di piastrine basse o malfunzionanti.

Durata

Molto importanti sono la durata e la severità degli ematomi.
Se essi sono presenti da tempo e non ci sono altri sanguinamenti anomali, probabilmente sono benigni. Se invece c’è una recente insorgenza bisogna sospettare una patologia.

Alcune persone lamentano sanguinamento abbondante dopo interventi chirurgici, ma bisogna capire se ci sono altri fattori che possono causarlo. Ad esempio, se durante l’intervento c’è necessità di molte trasfusioni oppure l’emorragia rende necessario un secondo intervento, allora potrebbe esserci un problema.

Ematomi spontanei: come trattarli?

Gli ematomi spontanei senza causa apparente non si possono eliminare alla radice. Tuttavia, può essere utile rinforzare i capillari sanguigni con dei principi attivi naturali. In questo modo si potrà ridurre l’entità dei lividi e accelerarne il riassorbimento.

Quali sono questi principi attivi?
Ci sono degli integratori da prendere per bocca e creme da applicare a livello degli ematomi.
Vediamoli nel dettaglio.

Integratori

Gli integratori utili per gli ematomi spontanei appartengono alla famiglia dei flavonoidi. Si tratta di sostanze di origine vegetale che hanno diverse proprietà.
I flavonoidi rinforzano la parete dei vasi sanguigni, regolano la permeabilità dei capillari e combattono l’infiammazione. Poiché gli ematomi sono causati da fragilità capillare e conseguente infiammazione, i flavonoidi sono un valido aiuto.

I flavonoidi principali sono il Rusco, la Centella Asiatica e l’Escina. Ne ho parlato in questo articolo e in questo.

Creme

Le creme agiscono localmente potenziando l’azione antinfiammatoria degli integratori. Si applicano direttamente sugli ematomi per accelerarne il riassorbimento e quindi la scomparsa.

I principi attivi più importanti contenuti nelle creme sono l’Arnica e la Bromelina.
Vediamo quali benefici danno.

Arnica

L’Arnica Montana è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Asteraceae. Si trova ad alte quote in Europa, Asia settentrionale, Siberia e America.

Fiori di Arnica Montana

Le proprietà medicinali dell’Arnica sono note da tempo. Dai suoi fiori si estrae una tintura che si può assumere per bocca o applicare localmente come crema o gel.

Come agisce l’Arnica?
Innanzitutto, ha un’azione antinfiammatoria e analgesica. Le creme all’Arnica sono efficaci su ematomi o contusioni proprio perché riducono l’infiammazione conseguente alla rottura del vaso sanguigno.

Questa pianta ha però anche delle proprietà benefiche sul sangue.
L’arnica ha un effetto anti-trombosi perché interferisce con un composto presente nelle piastrine, ostacolando la loro attivazione.
Ha d’altra parte anche una attività anti-emorragica, come dimostrato da uno studio su giovani donne di 20-35 anni nel quale si è riscontrata una diminuzione delle emorragie post partum.

Il mio consiglio è di applicare una crema all’Arnica a livello degli ematomi per 2-3 volte al giorno, fino al loro riassorbimento.

Bromelina

La bromelina è una proteina che si estrae dalla pianta di ananas.
Anche se presente nel frutto, la sua maggior concentrazione si trova nel gambo dell’ananas. Poiché questa parte della pianta viene di solito scartata, l’estrazione della bromelina è più facile e meno costosa.

La bromelina è presente in grandi quantità nel gambo della pianta di ananas

Le proprietà benefiche della bromelina sono note da più di 70 anni.
Il suo principale beneficio è un’azione antinfiammatoria, motivo per cui è molto spesso usata per ridurre dolore e gonfiore a seguito di infortuni. Questa proprietà è dovuta alla capacità della bromelina di regolare la produzione di prostaglandine, sostanze prodotte in presenza di traumi e infiammazioni.

Molti studi dimostrano l’efficacia della bromelina dopo interventi chirurgici, traumi e in presenza di trombosi venosa superficiale. La sua applicazione riduce i sintomi e accelera la guarigione.
La bromelina ha però anche degli altri effetti positivi.
A basse dosi facilita la coagulazione del sangue, mentre a dosi più alte contrasta l’attivazione delle piastrine e la trombosi.

Come può essere assunta?
Localmente sotto forma di crema, da applicare anche qui a livello degli ematomi per 2-3 volte al giorno.

La bromelina è ben tollerata e poco tossica per l’organismo, anche a dosaggi elevati, e può essere assunta anche per bocca senza significativi effetti collaterali, anche per lunghi periodi.
Il dosaggio è 500 mg per 2-3 volte al giorno.

Conclusioni

Nella maggior parte dei casi gli ematomi spontanei sulle gambe e sulle braccia non sono pericolosi. Si tratta però di un problema estetico non da poco, perchè provoca un certo disagio soprattutto in estate.

Abbiamo visto che si tratta di una problematica per lo più femminile, in quanto legata agli ormoni estrogeni. In questi casi puoi stare tranquilla perchè non si tratta di una patologia degenerativa. Ci sono comunque dei rimedi naturali che possono migliorare la situazione.

In alcuni casi esistono degli indizi che fanno pensare a un sottostante problema di salute. In queste situzioni è meglio rivolgersi a uno specialista e andare a fondo.

Fonti

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2154228/pdf/canfamphys00223-0135.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2145765/pdf/canfamphys00126-0055.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8240244/pdf/NCI-8-310.pdf

Arnica montana L. – a plant of healing: review (silverchair.com)

R34Y2021N04A0345.pdf (minervamedica.it)

Nutrients | Free Full-Text | Beneficial Properties of Bromelain | HTML (mdpi.com)

 

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Leggi anche Vene visibili sulle gambe: cosa sono e come si eliminano efficacemente e Intervento alla safena: perchè scegliere la tecnica laser?

 

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I crampi notturni alle gambe sono una patologia poco conosciuta

Crampi notturni alle gambe: un disturbo diffuso e poco conosciuto

I crampi notturni alle gambe sono un disturbo comune e piuttosto fastidioso che colpisce la popolazione adulta e anziana. Il problema in realtà può manifestarsi anche nei giovani, ma avviene più frequentemente man mano che l’età avanza.

La presenza di crampi notturni alle gambe si associa ad un peggioramento della qualità del sonno e quindi a una scadente qualità di vita.
Inoltre, fino al 20% delle persone affette riferisce che il problema insorge anche di giorno, di solito verso sera.

Le cause di questo problema sono poco chiare e spesso anche il trattamento non è efficace.
In questo articolo esaminerò le evidenze scientifiche di questa patologia e i possibili rimedi per stare meglio.

Cosa sono i crampi notturni alle gambe

Si tratta fondamentalmente di contrazioni spontanee dei muscoli degli arti inferiori, localizzate per lo più al polpaccio ma anche al piede o alla coscia, che avvengono tipicamente di notte.

I soggetti affetti li descrivono come una stretta, una fitta, una crisi dolorosa; possono essere isometrici, cioè non cambiare la lunghezza del muscolo, oppure accompagnarsi ad una contrazione muscolare, come ad esempio la flessione del piede.

I crampi notturni alle gambe colpiscono la popolazione adulta e anziana

I crampi notturni alle gambe sono dolorosi, durano circa una decina di minuti e possono essere seguiti da periodi anche di alcune ore in cui si verificano ripetutamente o comunque si continua ad avvertire dolore.
Per questi motivi, i crampi notturni alle gambe peggiorano la qualità del sonno o addirittura determinano un’insonnia secondaria.

Perché si sviluppano i crampi notturni alle gambe

Premesso che si tratta di una patologia poco conosciuta, sebbene estremamente diffusa, i crampi notturni alle gambe sembrano originare da una anomalia dei neuroni motori periferici, cioè le cellule nervose che stimolano la contrazione di muscoli.

Alcuni studi basati sull’elettromiografia, infatti, hanno mostrato che in concomitanza con i crampi si verificano delle scariche nervose involontarie dirette ai muscoli, con frequenza tendenzialmente elevata e con esordio brusco.

Inoltre, sembra che i soggetti affetti siano più suscettibili agli stimoli elettrici rispetto alle persone sane. Questo farebbe pensare ad una possibile predisposizione allo sviluppo dei crampi, in persone che hanno una soglia di stimolazione muscolare più bassa del normale.

Altri studi hanno ipotizzato che la vita sedentaria dei giorni nostri abbia ridotto la capacità di allungamento dei tendini e dei muscoli, causando più facilmente l’insorgenza dei crampi.
Un’altra ipotesi è che durante il sonno, essendo il piede in flessione persistente ed i muscoli del polpaccio massimamente accorciati, ci sia una maggiore propensione alla contrazione muscolare incontrollata.

Per quanto riguarda la maggiore frequenza in età avanzata, una spiegazione si baserebbe sulle modificazioni che i neuroni subiscono nelle persone anziane.
Infatti, con l’invecchiamento il numero di cellule nervose diminuisce, e questo avviene maggiormente negli arti inferiori rispetto agli arti superiori. I neuroni che sopravvivono, quindi, funzionerebbero in modo anomalo.
Inoltre, negli anziani le terminazioni nervose sono più eccitabili a causa dell’accorciamento dei tendini, dell’immobilità prolungata e della scarsa circolazione del sangue, dovuta a diabete o problemi vascolari.

Chi è colpito da crampi notturni alle gambe

Oltre a presentarsi soprattutto in età avanzata, in crampi notturni alle gambe sono leggermente più frequenti nelle donne.

I crampi notturni alle gambe sono più frequenti nelle donne

Un recente studio, che ha indagato le caratteristiche epidemiologiche dei crampi, ci dice che essi si presentano di più in persone che hanno condizioni di salute scadenti, sonno disturbato, malattie cardiovascolari, artrite, malattie respiratorie e depressione.
L’associazione con l’artrite è stata ben documentata, ma non è chiaro se sia dovuta allo stato infiammatorio causato dall’artrite stessa oppure al danno ai nervi periferici secondario all’infiammazione.

Anche alcune alterazioni degli esami del sangue si associano ai crampi notturni alle gambe, come la diminuzione dei globuli rossi e l’aumento dell’emoglobina glicata (un parametro di gravità del diabete).

Cause dei crampi notturni alle gambe

I crampi notturni alle gambe si raggruppano in tre tipologie.
Possono manifestarsi senza cause apparenti (primitivi o idiopatici), possono essere causati da specifici fattori (secondari) o essere presenti in gravidanza.
In aggiunta, ricordiamo che gli adolescenti possono avvertire crampi notturni legati alla crescita, quindi del tutto fisiologici.

Vediamo le tre tipologie nel dettaglio.

Idiopatici

Sono i più frequenti, non hanno una causa apparente e si riscontrano nell’età adulta e anziana soprattutto se c’è uno stato di salute precario.

Secondari

Sono i crampi notturni alle gambe riconducibili ad alcuni specifici fattori. Vediamoli nello specifico.

Farmaci

Moltissimi farmaci causano crampi muscolari, ma solo alcuni sono associati ai crampi notturni alle gambe. Ecco i principali.

In alcuni casi i crampi notturni alle gambe sono causati da farmaci

Farmaci usati per contrastare l’osteoporosi
Raloxifene, un modulatore del recettore degli androgeni che si usa nelle donne in menopausa, per contrastare gli effetti della carenza ormonale
Teriparatide, un farmaco anti-osteoporosi che ha gli stessi effetti dell’ormone paratiroideo
Estrogeni coniugati

Farmaci usati per problemi del sistema nervoso
Clonazepam, un farmaco ansiolitico e ipnotico
Citalopram, un antidepressivo
Zolpidem, un sonnifero
Gabapentin, una sostanza usata per i disturbi nervosi periferici e per l’epilessia

Altri farmaci responsabili di crampi notturni alle gambe sono le infusioni endovenose di saccarosio di ferro e alcuni farmaci antinfiammatori come il Naproxene e il Celecoxib.

Alcuni diuretici come l’Idroclorotiazide sono stati a lungo ritenuti responsabili di crampi notturni alle gambe, perché modificando la concentrazione di elettroliti si pensava che alterassero la contrazione muscolare.
In realtà non ci sono studi che provino l’evidenza di questa correlazione.

Malattie arteriose

L’aterosclerosi periferica è una malattia in cui si formano placche che ostruiscono le arterie delle gambe, riducendo il flusso del sangue.
Si è osservato che, oltre ai sintomi tipici di questa malattia, fino al 75% delle persone affette manifesta anche crampi notturni alle gambe.
Anche i soggetti affetti da aterosclerosi delle coronarie presentano spesso questi disturbi.

Insufficienza venosa

L’insufficienza venosa è dovuta allo sfiancamento delle vene delle gambe, che diventano incapaci di drenare il sangue e si dilatano progressivamente formando le cosiddette vene varicose.

Tra i sintomi che la caratterizzano, anche i crampi notturni alle gambe possono presentarsi in questa malattia.

La causa sarebbe riconducibile al ristagno di sangue e alla conseguente scarsa ossigenazione dei tessuti, oltre che all’accumulo di metaboliti. Sembrerebbe anche che, se presenti, i crampi notturni alle gambe persistano dopo l’eventuale trattamento del problema venoso.

Anche la stazione eretta prolungata, uno dei fattori che favoriscono l’insufficienza venosa, sembra essere responsabile dell’insorgenza dei crampi.

Cirrosi epatica

Si tratta di una grave malattia nella quale il fegato viene progressivamente distrutto da un processo di infiammazione, a sua colta conseguente a vari fattori (infezioni, abuso di alcol, ecc.)

Gli studi scientifici mostrano che fino al 60% dei pazienti con cirrosi epatica manifesta crampi notturni alle gambe, soprattutto se sono anziani e con malattia in fase avanzata.

Patologie del sistema nervoso

Si associano a crampi notturni alle gambe il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, la neuropatia periferica e la stenosi del canale lombare o la compressione delle radici nervose a livello della colonna vertebrale.

Anche la chemioterapia, poiché distrugge le cellule nervose oltre a quelle tumorali, può causare questi disturbi.

Consumo di alcolici

I crampi notturni alle gambe sono uno dei sintomi tipici della miopatia alcolica. Questa malattia si caratterizza per il danno alle cellule muscolari causato dall’abuso di alcol, che distrugge le fibre muscolari di tipo 2.

Questo avverrebbe soprattutto negli anziani, che essendo sedentari sono più facilmente soggetti a perdita di fibre muscolari, diventando così più vulnerabili ai crampi.

Dialisi

Anche l’emodialisi si associa a crampi notturni alle gambe, mentre la presenza della sola insufficienza renale cronica no.

Alterazioni degli elettroliti

Al contrario di ciò che si pensa comunemente, non ci sono studi che dimostrino un nesso causale tra i crampi notturni alle gambe e la disidratazione o il calo degli elettroliti come sodio e potassio.
Il magnesio merita un discorso a parte, che vedremo a proposito dei crampi in gravidanza.

Nonostante ciò, alcune malattie come il diabete, gli squilibri della tiroide e il morbo di Addison (insufficiente funzionamento delle ghiandole surrenali) si associano a crampi notturni alle gambe.
Poiché queste malattie alterano la quantità di elettroliti, questo farebbe pensare ad un loro ruolo nell’aumentare la predisposizione a questi disturbi.

Certo però, come vedremo più avanti, non è consigliato trattare tutti i casi di crampi con la semplice assunzione di elettroliti, al contrario di ciò che si continua spesso a fare.

Crampi in gravidanza

Anche la gravidanza si associa a crampi notturni alle gambe, ma non è chiaro se la causa primaria dei disturbi sia proprio la gravidanza o piuttosto l’insufficienza venosa che si associa a questa condizione.

I crampi notturni alle gambe sono frequenti in gravidanza

I fattori causali dei crampi in gravidanza sarebbero la carenza di alcuni minerali come il magnesio, il calo del volume dei liquidi nel tessuto extracellulare e la inappropriata posizione delle gambe che spesso le donne in gravidanza assumono da sedute.
Come vedremo, in questo caso ha senso una integrazione con il magnesio.

Malattie che assomigliano ai crampi notturni alle gambe

Alcune patologie vengono confuse con i crampi notturni alle gambe, perché hanno dei sintomi simili. Vediamone alcune.

Sindrome delle gambe senza riposo

Questa malattia si caratterizza per una tipica sensazione di discomfort alle gambe, che costringe la persona affetta a muoverle continuamente fino alla cessazione dei sintomi.

Il problema avviene principalmente alla fine della giornata ma soprattutto di notte, ed il movimento è l’unico fattore in grado di dare sollievo. Quando si riprende il riposo, però, i sintomi si ripresentano puntualmente.

La sindrome delle gambe senza riposo è probabilmente una patologia dell’integrazione sensitivo-motoria che colpisce le terminazioni nervose delle gambe, ed è più facile esserne colpiti se anche i familiari di primo grado ne sono affetti.
Si differenzia dai crampi notturni alle gambe in quanto non ci sono contrazioni muscolari involontarie, ma è il paziente che sente l’esigenza di muoversi per eliminare la sensazione di discomfort.

Tra le cause di questa patologia sembra esserci un difettoso trasporto del ferro all’interno di alcune specifiche aree del cervello, cosa che a sua volta impedirebbe una corretta produzione di mielina, una sostanza fondamentale per il funzionamento delle fibre nervose.
Infatti, la gravità della malattia sembra correlarsi con bassi livelli di ferro, anche se ci sono individui malati che ne hanno livelli normali.

Altri fattori causali sembrano essere un aumentato metabolismo della dopamina, un importante neurotrasmettitore cerebrale, e alterazioni dello sviluppo embrionale dei neuroni.

Anche nella sindrome delle gambe senza riposo esistono forme di malattia primitiva, cioè senza cause apparenti, e forme secondarie, ad esempio in caso di gravidanza, insufficienza renale, o assunzione di alcuni farmaci.

Per quanto riguarda la terapia, la sindrome delle gambe senza riposo si caratterizza per una buona risposta ai farmaci dopaminergici, cioè quelli che hanno gli stessi effetti della dopamina.
Tuttavia, se la riposta è positiva circa nel 60-75% dei casi, va ricordato che questi farmaci possono anche peggiorare i sintomi della malattia. Per una cura efficace, quindi, è opportuno rivolgersi ad un Neurologo.
Secondo alcuni studi, sembra che l’esercizio fisico aerobico possa comunque migliorare i sintomi.

Disturbo da movimento periodico degli arti

Si tratta di una patologia rara che si manifesta tipicamente nel sonno e si caratterizza per la comparsa di movimenti involontari degli arti, che avvengono circa 15 volte ogni ora.
La diagnosi viene fatta con la polisonnografia, cioè un esame che indaga le caratteristiche del sonno, che nei pazienti affetti è notevolmente precario .

Il disturbo da movimento periodico degli arti si associa molto frequentemente alla sindrome delle gambe senza riposo (fino all’80% dei casi secondo alcuni studi).
A differenza dei crampi notturni alle gambe, i movimenti non sono dolorosi, hanno un andamento ritmico e ripetitivo, durano alcuni secondi e si ripetono a intervalli di un minuto al massimo.
Tipicamente, si osserva una lenta dorsi-flessione del piede, del ginocchio e dell’anca.

Neuropatia periferica

Questa malattia può causare crampi notturni alle gambe di tipo secondario, ma si differenzia dal disturbo di cui parliamo.
Con il termine neuropatia, infatti, si intende un cattivo funzionamento dei nervi periferici, che si caratterizza per la presenza di intorpidimento, formicolio e dolori simili ad una scossa elettrica nei territori cutanei interessati.

Tra le cause di neuropatia periferica ci sono la compressione dei nervi, l’abuso di alcol e il diabete.

Claudicatio intermittens

Si tratta di un dolore crampiforme che compare durante la deambulazione, dopo un intervallo di marcia ben preciso, che regredisce con il riposo.
Questa patologia è dovuta alla presenza di ostruzioni nelle arterie delle gambe causate dall’aterosclerosi, e si manifesta quando l’apporto di sangue non è sufficiente a far lavorare il muscolo mentre camminiamo.

Si tratta di un disturbo diverso dai crampi notturni alle gambe, ma i pazienti affetti da claudicatio intermittens possono manifestare anche questo problema.

Mialgie

Con questo termine si fa riferimento al dolore di origine muscolare.
Sono dolori che coinvolgono qualsiasi distretto muscolare, vengono avvertiti come profondi e intensi e si associano spesso a debolezza e scarsa tolleranza all’esercizio fisico.
Queste caratteristiche differenziano chiaramente le mialgie dai crampi notturni alle gambe.

Tra le cause di mialgia troviamo l’assunzione statine, cioè farmaci che abbassano il colesterolo plasmatico, oppure alcune patologie infiammatorie del muscolo come le miositi.

Mioclonie

Si chiamano anche spasmi ipnici e sono delle contrazioni involontarie dei muscoli; avvengono all’inizio dell’addormentamento e possono provocare un brusco risveglio.
Sono presenti anche in soggetti sani e, a differenza dei crampi notturni alle gambe, non sono dolorose.

Rimedi per i crampi notturni alle gambe

La terapia dei crampi notturni alle gambe non ha ancora a disposizione soluzioni che funzionino in tutti i casi. Ci sono però dei rimedi fisici e farmacologici che possono migliorare la situazione, a seconda dei casi specifici.

Rimedi fisici

Si tratta di esercizi muscolari preventivi oppure del trattamento del crampo in fase acuta.

Esercizi preventivi

In base agli studi presenti in letteratura, sembra che possa essere utile effettuare esercizi muscolari per prevenire la comparsa di crampi.

Un recente studio ha indagato l’effetto dello stretching ai polpacci e ai bicipiti femorali effettuato prima di dormire in soggetti adulti di oltre 55 anni, che lamentavano crampi notturni alle gambe e non assumevano terapia specifica; si è osservata una riduzione nella frequenza dei crampi.

I crampi notturni alle gambe possono essere prevenuti con lo stretching

Anche un blando esercizio fisico, eseguito per qualche minuto prima di dormire, può essere utile per prevenire il disturbo o quantomeno ridurlo. A questo proposito si può effettuare una corsa leggera al tapis roulant oppure una breve sessione di cyclette.

Un blando esercizio fisico a iuta a migliorare i crampi notturni alle gambe

Per chi fa esercizio fisico durante la giornata e soffre di affaticamento muscolare, invece, è consigliato effettuare uno stretching prima e dopo l’allenamento e idratarsi adeguatamente.
Anche i massaggi muscolari profondi possono essere d’aiuto nella prevenzione dei disturbi.

Trattamento del crampo acuto

In presenza di un crampo notturno acuto bisogna allungare passivamente il muscolo, ad esempio in caso di crampo al polpaccio va fatta una dorsiflessione della caviglia.

Farmaci

Non ci sono allo stato attuale farmaci che possano essere prescritti di routine per trattare i crampi notturni alle gambe. Il disturbo va indagato e vanno ricercate possibili cause; solo allora si potrà impostare una terapia.
Vediamo quali sono i farmaci normalmente impiegati per questi disturbi.

Chinino

Si tratta di un farmaco usato per curare la malaria che ha provata efficacia nella riduzione dei crampi notturni alle gambe.
Infatti, diversi studi scientifici basati sulla somministrazione di questo farmaco hanno mostrato una moderata evidenza nel ridurre l’intensità, il numero totale dei crampi, il numero di giorni in cui si avvertivano crampi e, in misura minore, la loro frequenza.
Il dosaggio è stato di 300 mg al giorno.

Tuttavia, il chinino non è più raccomandato per il trattamento dei crampi, in quanto si sono osservati pesanti effetti collaterali legati alla sua assunzione.
In realtà, se la cura è inferiore a 60 giorni, gli effetti collaterali sembrerebbero essere per lo più moderati, in particolare di tipo gastrointestinale oppure mal di testa e fischi alle orecchie.

In circa 2 casi su mille, però, si può manifestare un grave calo delle piastrine dovuto a reazione auto-immunitaria, che avviene in genere entro le prime tre settimane di trattamento.
Altre reazioni gravi sono rappresentate da allergie, interazioni con altri farmaci, cecità e disfunzione cardiaca.

Nel caso di sintomi particolarmente gravi in cui il chinino si debba comunque usare nonostante le raccomandazioni, i pazienti vanno informati degli effetti collaterali e bisogna valutare bene il rapporto rischio-beneficio.

Magnesio

Anche se viene comunemente usato per trattare i crampi notturni alle gambe, non ci sono evidenze scientifiche che provino la reale efficacia del magnesio nei confronti di questo disturbo.

Un recente studio, infatti, ha confrontato la somministrazione di magnesio orale con placebo in soggetti adulti affetti da crampi notturni alle gambe, senza riscontrare differenze significative.
Questo risultato ha fatto pensare che il magnesio abbia un possibile effetto placebo sui crampi.

Un’eccezione è rappresentata dalle donne in gravidanza, nelle quali il magnesio sembra avere maggiore evidenza di efficacia, come anche la supplementazione di sodio e complesso multivitaminico.
Bisogna comunque fare attenzione a non assumere troppo sodio, perché può favorire un aumento della pressione del sangue.

Ioni e vitamine

Assumere una supplementazione di calcio, potassio o vitamina E, come spesso si fa, non ha mostrato efficacia del migliorare i crampi notturni alle gambe.
Anche il loro trattamento con farmaci antinfiammatori o antiepilettici non sembra avere utilità, sulla base dei dati scientifici disponibili.

In merito ad una possibile supplementazione vitaminica, dobbiamo menzionare il complesso vitaminico di tipo B, che assunto per 3 volte al giorno ha mostrato efficacia nel trattamento dei crampi in soggetti che presentavano una carenza di queste vitamine.

Altri farmaci

Diltiazem
Si tratta di un farmaco usato per abbassare la pressione del sangue. Si è mostrato efficace nel ridurre la frequenza dei crampi ma non la loro intensità, con un dosaggio di 30 mg al giorno.
Lo studio che ne ha indagato gli effetti è stato piuttosto limitato, quindi questi dati non vanno presi per certi.

Verapamile
Anche quesrto farmaco abbassa la pressione del sangue. Può essere utilizzato per i crampi notturni assumendolo prima di andare a letto, al dosaggio di 120 mg.

Naftidrofurile ossalato (nome commerciale Praxilene)
Può essere efficace nel trattamento dei crampi, al dosaggio di 200 mg fino a 3 volte al giorno.
Va assunto ai pasti insieme ad un bicchiere d’acqua, ed è controindicato in caso di calcoli renali in quanto può favorirne la formazione.

Conclusioni

Purtroppo i crampi notturni alle gambe sono ancora poco conosciuti e i rimedi sono limitati. Questo suona strano, perchè il disturbo è molto diffuso e tutto sommato non si tratta di una patologia che comporta gravi problemi di salute.
Di certo però questi disturbi sono molto fastidiosi, e c’è bisogno di implementare le ricerche scientifiche per poter trovare rimedi efficaci.
Nel frattempo si possono utilizzare i rimedi fisici preventivi, e in caso di bisogno rivolgersi ad uno specialista per valutare l’opportunità di una terapia farmacologica.

Fonti

https://www.aafp.org/afp/2012/0815/p350.pdf

https://www.mp.pl/paim/en/node/4148/pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5818780/

https://smw.ch/article/doi/smw.2019.20048

https://www.aafp.org/afp/2017/1001/od3.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6037509/pdf/0160296.pdf

La ritenzione idrica può essere contrastata con una corretta integrazione

Ritenzione idrica nelle gambe: quali rimedi?

La presenza di ritenzione idrica nelle gambe viene lamentata da molte donne, soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, è fonte di disagio ed è difficile da contrastare.
Si tratta sostanzialmente della percezione o sensazione di gonfiore localizzata alle caviglie, ai piedi, alle gambe o a volte alle cosce; naturalmente il gonfiore è frequentemente anche oggettivo.

Questo problema può accompagnarsi a dolori crampiformi o senso di pesantezza alle gambe, oppure a bruciore e indolenzimento.
Le cause di questa condizione sono difficilmente riconducibili ad un unico fattore, in quanto si tratta per lo più di forme miste dovute a predisposizione genetica e azione degli ormoni estrogeni.

Cause della ritenzione idrica

Con il termine ritenzione idrica si intende una generica tendenza a trattenere liquidi all’interno dell’organismo.
La ritenzione idrica propriamente detta dovrebbe accompagnarsi ad un aumento del peso corporeo o del volume degli arti, oppure presentarsi sotto forma di edema alla gamba, quando la pressione delle dita lascia un’impronta (il cosiddetto segno della “fovea”).

Il problema a cui ci riferiamo nello specifico, invece, a che fare con ristagno di acqua e linfa nella rete di tessuto connettivo che si trova nel contesto del grasso sottocutaneo degli arti inferiori.

La ritenzione idrica spesso si accompagna a dolore e pesantezza alle gambe

Perché succede questo?
Acqua e molecole filtrano regolarmente dai capillari sanguigni ai tessuti dove portano ossigeno e nutrimento, per poi essere raccolte dai capillari linfatici.
In alcune condizioni come la cellulite, oppure negli stadi iniziali del lipedema, c’è invece una tendenza intrinseca dei capillari ad essere più permeabili del normale, il che risulta in un accumulo di liquidi nei setti di connettivo che accolgono gli stessi capillari.
Questo processo a sua volta causa la ritenzione idrica.

Inoltre, quando la temperatura esterna aumenta, e le vene diminuiscono la loro attività per disperdere calore, questo meccanismo vizioso può essere indirettamente favorito.
Il ristagno di sangue dovuto ad ipotonia venosa e reflusso è alla base dell’edema che si forma nell’insufficienza venosa, ed è noto che la cellulite e la stessa insufficienza venosa vanno frequentemente di pari passo, sotto l’azione degli ormoni femminili.

Quali sostanze possono contrastare la ritenzione idrica?

Per combattere la ritenzione idrica nelle gambe servono delle sostanze che regolino la permeabilità dei capillari, possibilmente migliorino il tono venoso, cioè l’attività propulsiva delle vene, e “aggiustino” il funzionamento dei capillari linfatici.
Queste sostanze dovrebbero anche contrastare l’infiammazione e il danno ossidativo, perché quando i capillari filtrano di più attivano anche la risposta infiammatoria, tanto è vero che insufficienza venosa e cellulite si associano nel lungo termine ad infiammazione nella matrice extracellulare e fibrosi.

Premesso che è fondamentale idratarsi abbondantemente, non esiste un rimedio che cambi la situazione in modo fulmineo, anche perché la problematica è subdola e i meccanismi che la regolano rappresentano un bersaglio eterogeneo, difficile da colpire.
Abbiamo però a disposizione delle molecole, per lo più naturali, che hanno una azione flebotonica, cioè supportano la microcircolazione ed il funzionamento il sistema veno-linfatico, aiutandoci a contrastare il problema.

Conoscerle fornisce degli strumenti in più che si possono sfruttare.

Ruscus

Il Ruscus Aculeatus è una pianta cespugliosa sempreverde che produce delle grosse bacche rosse e forma delle foglie pungenti, per questo si chiama anche “pungitopo”.
L’estratto delle sue radici contiene delle sostanze chiamate saponine; esse hanno una nota funzione di supporto del sistema venoso, sono antiossidanti, cioè proteggono le cellule dai danni chimici, e hanno una azione diuretica.

La ritenzione idrica può essere contrastata con il Ruscus

Il meccanismo di azione dell’estratto di Ruscus sulla ritenzione idrica è legato all’azione dell’adrenalina e della noradrenalina sulle pareti delle vene.
Queste molecole stimolano le cellule muscolari dei vasi a contrarsi per far progredire il sangue, ed il Ruscus ne potenzia l’azione a livello recoettoriale, favorendo anche il rilascio in quantità maggiore della sostanza.
In questo modo, l’aumento del flusso capillare andrà di pari passo con una minore permeabilità, e quindi contrasterà la ritenzione idrica.

Negli studi sugli animali, il Ruscus ha mostrato un effetto dose-dipendente di aumento della contrazione delle vene e dei vasi linfatici, aumento della resistenza dei capillari e diminuzione della loro permeabilità, oltre che di contrasto all’azione infiammatoria dei globuli bianchi.
Nell’uomo, vari studi hanno analizzato questa sostanza in persone con insufficienza venosa, sia in forme lievi con presenza di soli capillari, sia in forme gravi con gonfiori importanti, ulcere ed esiti di trombosi.

Il Ruscus mostra un’alta efficacia sia nella riduzione dei sintomi come pesantezza, dolore, crampi, fatica e formicolio, sia nel contrasto alla ritenzione idrica, misurata quantitativamente come diminuzione della circonferenza alla caviglia e diminuzione del volume dell’arto.
Un fatto interessante è che nella popolazione studiata c’erano soggetti con capillari visibili sulle gambe e sintomi come pesantezza e gonfiore, cioè persone, per lo più di sesso femminile, molto rappresentative del problema di cui parliamo.

Negli studi analizzati, il Ruscus è stato somministrato per tre mesi in associazione con Esperidina, una sostanza flavonoide naturale, e in alcuni casi con Vitamina C.
L’associazione di 150 mg di Ruscus + 1 g di Vitamina C al giorno è un valido rimedio per contrastare la ritenzione idrica.

Escina

L’escina è un’altra sostanza appartenente alla categoria delle saponine; la troviamo nell’estratto dei semi di ippocastano.
Questa molecola contrasta l’infiammazione e riduce la permeabilità dei capillari, agendo quindi in opposizione ai meccanismi che determinano la ritenzione idrica. Inoltre, ha una azione protettiva proprio sulle cellule dei capillari sanguigni.

La ritenzione idrica può essere contrastata con l'escina

L’escina aumenta direttamente anche il tono venoso. Uno studio effettuato su vene safene prelevate chirurgicamente, tuttavia, ha mostrato che funziona poco o nulla se il vaso è molto tortuoso, quindi si può ipotizzare una sua maggiore efficacia negli stadi inziali dell’insufficienza venosa, quando ancora non si sono sviluppate vene varicose.

Per quanto riguarda la letteratura scientifica disponibile, la gran parte degli studi è stata effettuata in soggetti con insufficienza venosa.
L’escina si è mostrata efficace miglioramento di sintomi come il senso di gonfiore, mentre nella sindrome post trombotica non vi è ancora evidenza di una sua azione positiva in termini di prevenzione e trattamento.
La dose somministrata è stata di 40 mg per bocca per 21-25 giorni. Il dosaggio generalmente consigliato, tuttavia, è di 100 mg al giorno; va prestata attenzione se si soffre di patologie al fegato o di insufficienza renale.

Infine, anche sotto forma di gel l’escina si è mostrata efficace, questa volta nel migliorare gli edemi post traumatici (distorsioni, contusioni) ma anche il gonfiore legato all’insufficienza venosa.
Il dosaggio testato è stato di due applicazioni al giorno per tre settimane.

Rutina

La rutina è una sostanza appartenente alla categoria dei flavonoli, la troviamo nella pianta denominata Ruta Glaveolens ma soprattutto in alcuni alimenti come il grano saraceno, il , la passiflora e la mela.

Il primo aspetto interessante della rutina è legato ad un suo componente, la quercetina, che peraltro è presente nelle foglie di ibisco o karkadè, oltre che nello stesso ippocastano, nella calendula, nel biancospino, nella camomilla e nel Gingko Biloba.

La ritenzione idrica può essere contrastata con la quercetina
Tra gli alimenti, quelli particolarmente ricchi di quercetina sono il cappero, il levistico, l’uva rossa e il vino rosso, la cipolla rossa, il tè verde, il mirtillo, la mela, la propoli e il sedano.

Questa molecola determina una vasodilatazione a livello renale, che a sua volta aumenta la filtrazione di liquidi in questo organo favorendo una azione diuretica.
La quercetina, quindi, è un ottimo integratore per contrastare la ritenzione idrica, e si mostra efficace anche nel ridurre il senso di affaticamento che spesso si percepisce nel periodo primaverile ed estivo.
Il dosaggio non dovrebbe essere superiore a 300 mg al giorno.

Tornando alla rutina, ricordo che ha una potente azione antinfiammatoria e anti-proliferativa, e per questo è stata ampiamente studiata nei tumori e nelle malattie neuro-degenerative.

Centella asiatica

La Centella Asiatica è una pianta tipicamente presente in India e in altri paesi dell’Asia, la si trova ad altitudini montane e per secoli è stata usata come erba medicinale, per migliorare la memoria e il tono dell’umore.
Inoltre, è antiossidante e contribuisce a migliorare il controllo della pressione arteriosa.

La ritenzione idrica può essere contrastata con la centella asiatica

Le sostanze attive contenute nella Centella Asiatica sono anche in questo caso appartenenti alla categoria delle saponine.
Esse agiscono specificamente sul tessuto connettivo che costituisce le pareti delle vene, regolando la produzione delle molecole strutturali che lo compongono.
In particolare, l’azione si focalizza sulla sintesi di collagene, una delle sostanze cardine del tessuto connettivo stesso e che, tra l’altro, serve per la cicatrizzazione delle lesioni cutanee.
Studi su modelli animali, infatti, hanno mostrato che la Centella Asiatica velocizza la guarigione delle ferite.

In termini di ritenzione idrica, studi “in vivo” hanno mostrato un’azione protettiva della Centella Asiatica sui vasi capillari, una regolazione della loro permeabilità e un effetto antiossidante.
Nell’uomo si è osservata una riduzione della circonferenza alla caviglia, del gonfiore e del tasso di filtrazione capillare in soggetti che hanno assunto gli estratti di Centella Asiatica per 4-8 settimane. Il miglioramento è stato ottenuto anche nei sintomi soggettivi come gonfiore e pesantezza.

In queste ricerche, però, i parametri usati per definire la ritenzione idrica sono stati eterogenei, in alcuni casi quantitativi, in altri qualitativi. Oltretutto, si analizzavano soggetti con vari livelli di gravità di insufficienza venosa insieme a soggetti sani.
Queste distorsioni statistiche hanno portato a definire non ancora comprovato l’effetto della Centella Asiatica, almeno dal punto di vista strettamente scientifico.

Basandoci sull’esperienza clinica, possiamo tuttavia sfruttare le proprietà, comunque esistenti, di questa sostanza, nella dose di 60 mg da una a tre volte al giorno, per 4-6 settimane.
Bisognerebbe evitare di assumere contestualmente farmaci sedativi, perché sommerebbero la loro azione a quella della Centella, già di per sé tranquillante.

Conclusioni e consigli

Il problema della ritenzione idrica è complesso. Essa può essere ricondotta ad insufficienza venosa di tipo funzionale o a stasi linfatica, presente in alcuni stadi della cellulite e del lipedema.
Il comune denominatore sembra essere rappresentato dagli ormoni estrogeni, che agiscono sulla redistribuzione del grasso corporeo e sull’attività propulsiva delle vene e dei vasi linfatici.

Ci sono diverse sostanze che contrastano la ritenzione idrica, molte delle quali con una azione notoriamente efficace nella pratica clinica.
Secondo la letteratura più recente, mancano delle evidenze soprattutto per quanto riguarda la Centella Asiatica, a causa di fattori statistici che rendono necessarie delle ricerche più ampie e con parametri più rigidi.
Per il resto, una corretta integrazione può giocare il suo ruolo nel combattere questo problema.

Va ricordato che è importante limitare il consumo di sale e bere molto, per idratare adeguatamente la matrice extracellulare. In caso di ritenzione idrica questo tessuto è, in apparenza paradossalmente, disidratato, perchè il ristagno di liquidi si accompagna anche ad accumulo di molecole e cellule nello spazio extracellulare, rendendo questo fluido linfatico più denso del normale.

Fonti

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6776292/pdf/dddt-13-3425.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5355559/pdf/main.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3116297/?report=printable

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3594936/pdf/ECAM2013-627182.pdf

https://www.minervamedica.it/it/riviste/international-angiology/articolo.php?cod=R34Y2017N02A0093

http://www.sicve.it/wp-content/uploads/2016/10/Flebologia-LG-SICVE-SIF.pdf

gambe pesanti e doloranti

Rimedi per le gambe pesanti e doloranti

La presenza di gambe pesanti e doloranti è tipica del periodo primaverile/estivo e spesso si accompagna a crampi e sensazione di gonfiore. Il problema interessa soprattutto le donne, in particolare se svolgono un lavoro sedentario o se passano molte ore ferme in piedi, anche a causa del fattore ormonale legato all’azione degli estrogeni.

Questi spiacevoli disturbi possono comparire durante la giornata ma soprattutto alla sera, o in alcuni casi vengono avvertiti costantemente. Oltre alla sensazione di gambe pesanti e doloranti, si avvertono crampi, stanchezza e senso di gonfiore, che destano a volte preoccupazione in quanto fanno pensare a una trombosi o comunque a possibili eventi gravi.

Perché le gambe sono pesanti e doloranti?

La sensazione di gambe pesanti e doloranti è un sintomo tipico dell’insufficienza venosa, una patologia causata dalla progressiva perdita di funzione drenante delle vene delle gambe, che tendono a dilatarsi progressivamente alimentando il reflusso del sangue, anche a causa della perdita di continenza delle valvole venose.

Quando le vene si sfiancano, il sangue tende a ristagnare nei punti più declivi della gamba.
Questo provoca da un lato l’esordio di sintomi come dolore, pesantezza alle gambe, crampi o anche prurito, dall’altro un aumento della permeabilità dei vasi capillari e l’attivazione delle cellule del sangue, con il risultato che i liquidi fuoriescono nei tessuti generando gonfiore e infiammazione.

Anche le persone sane o con forme di insufficienza venosa solo funzionale possono avvertire gambe pesanti e doloranti in questo periodo, perché l’aumento della temperatura esterna causa una dilatazione delle vene che serve a smaltire il calore, ma che dall’altra parte è responsabile dei disturbi.
Le donne risentono maggiormente di questi problemi perché gli ormoni estrogeni diminuiscono a loro volta il tono venoso, per cui la comparsa di disturbi è frequente nelle diverse fasi del ciclo mestruale o in caso di assunzione di alcune tipologie di terapia ormonale o contraccettiva.

Quali sono i rimedi per le gambe pesanti e doloranti?

Le sostanze venoattive o flebotoniche sono un gruppo eterogeneo di molecole che hanno una azione importantissima sul sistema venoso e sul microcircolo.
Queste sostanze hanno un’origine per lo più vegetale, infatti sono state largamente usate in passato come erbe medicinali e oggi vengono estratte dalle piante o in parte sintetizzate, quindi è possibile trovarle in alcuni alimenti ma più spesso si assumono sotto forma di integratori.

Le sostanze venoattive, tralasciando la loro classificazione che potrebbe risultare noiosa, hanno numerosi effetti positivi in comune.
Per prima cosa aumentano il tono venoso, cioè agiscono sulla parete delle vene migliorandone la contrazione e favorendo quindi il drenaggio di sangue.
Hanno anche una potente azione antiossidante, cioè proteggono le cellule delle vene e dei capillari dallo stress indotto dal ristagno di sangue e dallo stravaso di liquidi, e per questo sono state studiate anche nelle neoplasie.
Agiscono contrastando l’infiammazione, che si attiva a causa del ristagno di sangue proprio per l’attivazione di cellule come i leucociti e i monociti/macrofagi, che con il tempo si rendono responsabili dei danni nei tessuti extra-vasali.
Inoltre, riducono la permeabilità dei capillari e quindi contrastano il gonfiore e l’edema che possono svilupparsi a causa della stasi di sangue, e regolano la densità del sangue stesso evitando l’aggregazione tra le sue cellule il che favorirebbe l’attivazione infiammatoria e della coagulazione.

Cosa sono i flavonoidi?

gambe pesanti e doloranti

L’elenco delle sostanze venoattive è molto lungo, ma in questa sede ci soffermeremo sui flavonoidi ed in particolare sulla frazione flavonoide.

I flavonoidi sono dei metaboliti delle piante che appartengono alla famiglia dei polifenoli; generalmente costituiscono i pigmenti delle piante stesse e si trovano soprattutto nei loro frutti e nelle foglie, ma a volte anche nelle radici come nel caso del Ruscus.
Tra i flavonoidi ricordiamo due categorie di sostanze molto attive sulle vene e sui capillari, ma che condividono anche le proprietà antiossidanti che abbiamo visto nelle sostanze venoattive: gli antociani e le proantocianidine.

Gli antociani sono responsabili dei colori rosso, blu e violetto dei frutti e delle bacche che li contengono, come ad esempio il ribes, la ciliegia, il cavolo rosso, l’uva rossa, la fragola, il sambuco e le bacche in generale L’alimento che contiene più antociani in assoluto è l’aronia, una pianta dalle bacche molto aspre.
Anche le proantocianidine si trovano all’interno di frutti rossi come mirtilli e uva rossa, ma anche nel tè verde e nel cacao.

Una sostanza molto importante appartenente alla categoria dei flavonoidi e largamente utilizzata è la frazione flavonoide (detta anche frazione flavonoide purificata micronizzata o più semplicemente FFPM), un composto semisintetico costituito per il 90% da diosmina e per il 10% da flavonoidi.
La diosmina non è altro che una molecola semisintetica con una potente azione di supporto del sistema venoso, e deriva da un flavonoide naturale, l’esperidina.

Come funziona la frazione flavonoide?

La frazione flavonoide aumenta il tono venoso agendo sui segnali nervosi che regolano la contrazione delle cellule muscolari, situate nella parete delle vene e responsabili della loro capacità propulsiva.
Questo avviene grazie all’aumento che questa sostanza esercita sulla concentrazione di noradrenalina, che è la molecola che stimola la contrazione di queste cellule favorendo così il flusso di sangue.

Gli effetti benefici della frazione flavonoide sono stati indagati da numerosi e vasti studi scientifici, confermati anche da recenti revisioni della letteratura.
Un primo dato interessante è emerso da studi effettuati su una popolazione di soggetti sani con sintomi come pesantezza e dolore alle gambe, associati alla presenza di capillari; come abbiamo già detto si tratta di un problema tipico delle donne, maggiormente soggette a questi disturbi per i fattori ormonali legati al ciclo o alla terapia contraccettiva.

In queste persone, la presenza di capillari visibili era accompagnata anche dal riscontro di reflusso sulla vena grande safena, evidenziato alla fine della giornata lavorativa e tipicamente nel contesto di attività sedentarie o in cui veniva mantenuta la stazione eretta per molte ore.
La presenza di reflusso a fine giornata, pur essendo da considerare un fatto ancora fisiologico, potrebbe evolvere col tempo nello sviluppo di vene varicose superficiali, sovraccaricate dal protrarsi del ristagno di sangue.

La somministrazione di un grammo al giorno di frazione flavonoide per tre mesi ha migliorato nettamente i sintomi, il discomfort e la qualità di vita dei soggetti indagati, e si è anche osservata una scomparsa del reflusso precedentemente osservato.
Questo dato è importante perché mostra che il trattamento con flavonoidi è anche in grado di rallentare l’evoluzione dell’insufficienza venosa, e possono trarne beneficio anche le persone già affette da questa malattia nelle sue diverse fasi.

Naturalmente, l’assunzione di flavonoidi non fa scomparire i capillari, che sono la sede di micro reflussi superficiali e rappresentano uno stadio iniziale dell’insufficienza venosa; in questo caso bisognerà sottoporsi ad un trattamento di scleroterapia per avere il risultato auspicato.

La FFPM ha un altro effetto importante, cioè riduce la permeabilità dei vasi capillari contrastando il gonfiore alle gambe, un’altra conseguenza dell’insufficienza venosa o anche del mantenere per molte ore la posizione eretta.
Infine, la frazione flavonoide accelera anche la guarigione delle ulcere venose, che rappresentano lo stadio più grave dell’insufficienza venosa; questa proprietà è legata all’azione antinfiammatoria della sostanza oltre che di riduzione della permeabilità dei capillari e di miglioramento del flusso sanguigno.

Consigli

In conclusione, raccomando spesso di assumere questa molecola per almeno un mese, ma meglio se per tre mesi, con il dosaggio di un grammo al giorno.
La frazione flavonoide, infatti, si è dimostrata tra le sostanze più efficaci nel ridurre la sensazione di gambe pesanti e doloranti, oltre che migliorare la qualità di vita anche in soggetti sani che soffrono di questa problematica a causa di fattori costituzionali o legati allo stile di vita.
Non ci sono particolari controindicazioni alla sua somministrazione, ma è meglio non assumerlo durante la gravidanza e l’allattamento in quanto non è stata dimostrata la sua sicurezza in queste situazioni.

In caso di gambe pesanti e doloranti, tuttavia, credo sia opportuno effettuare anche una visita specialistica per diagnosticare una eventuale insufficienza venosa e pianificare, in questo caso, il giusto iter terapeutico.

Fonti

https://www.minervamedica.it/it/getfreepdf/DPtk5U3LFEImWyO0DnXZ%252BZlmkqp6b%252FX2OsmDZ%252BaUPELwx9hLcWYXyGSCMjffJ9s%252FCfxuDq%252BoWObQgJspWBo75w%253D%253D/R34Y2017N02A0189.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7004432/pdf/12325_2019_Article_1218.pdf

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http://www.sicve.it/wp-content/uploads/2016/10/Flebologia-LG-SICVE-SIF.pdf

come aumentare le difese immunitarie

Aumentare le difese immunitarie: che ruolo hanno gli integratori?

Come aumentare le difese immunitarie contro le infezioni virali

Problema

Il problema di come aumentare le difese immunitarie torna alla ribalta con l’epidemia causata dal Covid-19, anche se questa malattia ha delle peculiarità rispetto alle comuni infezioni virali perché si tratta di un virus nuovo, che stiamo studiando e per il quale non è ancora disponibile un vaccino.

Domanda: oltre alle misure igieniche e comportamentali, come possiamo aumentare le difese immunitarie contro le infezioni virali ?
Di cosa ha bisogno il sistema immunitario per funzionare bene? Ha senso assumere integratori?

Strumenti: analizzando la letteratura scientifica più recente cerchiamo di ottenere delle indicazioni utili.

A chi può interessare l’articolo? A chiunque abbia poca dimestichezza con la medicina e cerchi risposte basate su dati scientifici recenti.

Cos’è il sistema immunitario e come funziona

Il sistema immunitario è l’apparato difensivo del nostro organismo ed è costituito da cellule e molecole altamente specifiche, che servono a contrastare le infezioni da agenti esterni oltre che neutralizzare tossine alimentari e sostanze inquinanti provenienti dall’ambiente.
Un’altra attività peculiare del sistema immunitario è quella di controllare la crescita anomala delle cellule, come nel caso dei tumori.

Il sistema immunitario è costituito da due diverse componenti, che vengono chiamate immunità innata e immunità acquisita.

come aumentare le difese immunitarie

L’immunità innata è un tipo di risposta infiammatoria stardardizzata, aspecifica e a rapida insorgenza, che si attiva nei confronti degli stimoli lesivi sulle cellule come quelli causati dalle infezioni virali (molto banalmente il virus entra nelle cellule bersaglio e le distrugge).

L’immunità innata è costituita dalla cute e dalle barriere mucose, come quelle del tratto gastrontestinale e respiratorio.

A livello di queste barriere ci sono cellule difensive come i globuli bianchi e i monociti-macrofagi, che assieme a molecole che modulano l’infiammazione chiamate citochine distruggono e smaltiscono gli aggressori.

Molto spesso questa risposta non è sufficiente perché viene elusa dall’agente patogeno, e può addirittura essere dannosa nel caso in cui inneschi una risposta infiammatoria continuativa non autolimitata.

L’immunità acquisita, costituita da cellule chiamate linfociti B e T, necessita di più tempo per essere attivata ma è in grado in genere di sconfiggere l’infezione in modo definitivo.

Il funzionamento dell’immunità acquisita è molto più raffinato rispetto a quello dell’immunità innata; alcune cellule specifiche “m

ostrano” ai linfociti come è fatto l’agente aggressore avviando una catena di comunicazione tra cellule che porta alla produzione di immunoglobuline o anticorpi, molecole create per legarsi a molecole speculari dell’ospite indesiderato per bloccarne l’attività.

Quali micronutrienti servono al sistema immunitario per funzionare

Per svolgere le loro complesse funzioni, le cellule immunitarie hanno bisogno di diverse sostanze come elementi chimici, cofattori e vitamine che partecipano attivamente ai processi metabolici e di sintesi proteica; alcuni di questi substrati sono prodotti dall’organismo ma la maggior parte deve essere assunta con la dieta.

Quali sono, cosa fanno e dove si trovano i micronutrienti?

Vitamina A

Molecola fondamentale  per l’immunità innata a livello della mucosa intestinale, dove modula la risposta mediata da immunoglobuline di tipo A (IgA);

Rende possibile la fagocitosi da parte dei monociti-macrofagi, cioè la capacità che hanno queste cellule di ingurgitare gli agenti patogeni e “digerirli”; inoltre, modula la produzione di citochine pro-infiammatorie.

È coinvolta nello sviluppo e differenziazione dei linfociti T e nel funzionamento dei linfociti B.

Ha un’importante azione antiossidante, cioè protegge dal danno cellulare.

Dove si trova?
Può essere assunta con la dieta da fonti animali come il latte, i formaggi e il burro, il tuorlo d’uovo e la carne, oppure può essere prodotta dall’organismo a partire dal suo precursore, il β carotene, che è presente nei cibi arancioni come carota, zucca e peperone.

Vitamina C

Necessaria per la sintesi di collagene, una molecola strutturale essenziale nei tessuti extracellulari.

La vitamina C è nota per la sua potente azione antiossidante sia diretta che indiretta, in quanto ristabilisce la quantità nece

ssaria di altri antiossidanti come la vitamina E e il glutatione.

Promuove inoltre il funzionamento delle cellule dell’immunità innata, modula la produzione di citochine pro-infiammatorie e ha un importante ruolo nello sviluppo, differenziazione e crescita delle cellule T e nella produzione di anticorpi.

Dove si trova?
Diffusamente presente in natura, possiamo trovarla nella frutta (agrumi, kiwi, ananas), nella verdura (lattuga, radicchio, spinaci), oltre che nel broccolo, nel cavolfiore, nel pomodoro e nei tuberi.

Vitamina D

Oltre al suo noto ruolo nel metabolismo delle ossa, è molto importante anche per il sistema immunitario nel quale svolge un’azione protettiva sul microbiota intestinale.
Cos’è il microbiota? L’insieme della flora batterica normalmente presente nel nostro tratto digerente; ricordiamo che il microbiota ha un ruolo essenziale nell’equilibrio immunitario.

La vitamina D protegge le membrane delle cellule intestinali, oltre che renali e respiratorie.

Inoltre, favorisce il movimento, la differenziazione e la fagocitosi dei monociti-macrofagi, regola la produzione di proteine antimicrobiche e l’attività delle cellule B e T.

Alcuni studi in vitro mostrano che la vitamina D stimola la produzione di proteine antivirali, per cui si presume un suo ruolo nel contrastare le infezioni dell’apparato respiratorio.

Dove si trova?
In natura ne esistono due forme, la vitamina D2 e la vitamina D3.
La D2 è presente in alcuni funghi.
La D3 è la forma più attiva nell’essere umano ed è presente nell’olio di fegato di merluzzo, nei pesci nordici (salmone, aringa, merluzzo, sgombro), nel tuorlo d’uovo, nel latte e nei suoi derivati.

La vitamina D è sintetizzata anche dal nostro organismo grazie all’esposizione ai raggi solari, e per questo motivo la sua concentrazione tende ad essere carente in buona parte della popolazione.

Vitamina E

Importante nel supportare la funzione di barriera delle mucose, la vitamina E ha anche un’azione antiossidante e immunomodulante sulle cellule T.

Dove si trova?
Negli oli vegetali, nelle arachidi, nelle mandorle e nei semi di girasole, oltre che nelle uova.

Vitamina B6, B12 e folati

Queste sostanze sono prevalentemente coinvolte nella funzione immunitaria intestinale, oltre che nell’attività delle cellule T e nella produzione di anticorpi.

La vitamina B6 modula la risposta infiammatoria ed è coinvolta nella sintesi di aminoacidi, i mattoni necessari per la produzione degli anticorpi.

Dove si trovano?
Vitamina B6 e folati nelle verdure a foglia verde come spinaci, broccoli, asparagi, lattuga, nei legumi come fagioli e pise

lli, in alcuni frutti come kiwi, fragole e arance, nelle noci e nelle mandorle; inoltre il fegato, le uova e i formaggi sono ricchi di questi micronutrienti.

La vitamina B12 è presente solo in fonti animali come carne, formaggi e uova, e pertanto va integrata in persone che seguono una dieta vegana.

Ferro, zinco, rame, selenio e magnesio

Elementi importantissimi per il funzionamento dell’immunità innata in quanto aiutano numerosi enzimi coinvolti nel metabolismo cellulare.

Hanno anche azione antiossidante e di modulazione della sintesi di citochine, oltre che un ruolo fondamentale nel funzionamento delle cellule T e B e quindi anche nella sintesi di anticorpi.

Dove si trovano?
Le fonti sono carne, pesce, crostacei, uova, latte e derivati, verdure, legumi, noci, cereali, semi di canapa.
Ricordiamo che il selenio tende ad essere carente nella nostra popolazione per motivi geografici legati al terreno.

Cosa indebolisce il sistema immunitario

Oltre all’apporto di micronutrienti, per aumentare le difese immunitarie vanno considerati alcuni fattori che possono interferire con l’equilibrio difensivo dell’organismo.

Terapia antibiotica non necessaria o protratta

Le infezioni batteriche rendono spesso necessaria una terapia antibiotica, che ovviamente non va evitata ma che può distruggere anche la flora batterica del nostro intestino, importantissima per le difese immunitarie.

Se la terapia antibiotica non è necessaria, come nelle comuni infezioni virali, o se è di necessità eccessivamente protratta, può indebolire le difese immunitarie.

Soluzione: rivolgersi sempre al medico per valutare se la terapia antibiotica è realmente necessaria, e se deve essere protratta a lungo assicurarsi di integrare con probiotici.

Stress

Studi recenti mostrano che lo stress e lo stato psichico sono interconnessi con il sistema endocrino e immunitario e c

on la modulazione della risposta infiammatoria.

Nel cervello gli stimoli stressogeni aumentano la produzione di citochine pro-infiammatorie, attivano le cellule immunitarie cerebrali e provocano cambiamenti nella plasticità delle sinapsi con formazione di circuiti alterati tra i neuroni.

Per quanto riguarda le difese immunitarie, lo stress cronico sembra indebolirle perché causa l’insorgenza di uno stato infiammatorio persistente di base, che è un fattore causale di patologie croniche come l’aterosclerosi, il diabete e l’insulino-resistenza in generale.

Soluzione: per quanto possibile, gestire adeguatamente stati di ansia e depressione oltre che ritmi di vita frenetici diventa im

portante anche per il corretto equilibrio del sistema immunitario.

Sonno

Il sonno è fondamentale per le difese dell’organismo e ha una relazione bidirezionale con il sistema immunitario, come dimostrato da recenti studi. Cosa significa?
Ad esempio, l’attivazione della risposta immunitaria nei confronti di un’infezione può rendere necessario dormire per più tempo o provocare una disregolazione del sonno, come in effetti possiamo notare nella comune esperienza.

D’altra parte, dormire in modo qualitativamente adeguato e per un tempo sufficiente regola correttamente la risposta infiamm

atoria e ottimizza la crescita e il funzionamento delle cellule immunitarie.

La privazione di sonno, come emerge da studi su modelli animali, favorisce anche in questo caso l’attivazione di una risposta infiammatoria cronica attraverso l’aumento della produzione di citochine, con conseguente aumento del rischio di sviluppare patologie croniche.

Inoltre, uno stato infiammatorio persistente rende l’organismo più suscettibile alle infezioni e può alterare anche la risposta alle vaccinazioni.

Soluzione: dormire sufficientemente e dotarsi di tutto ciò che serve per una migliore qualità del sonno.

Età

Con l’avanzare dell’età il funzionamento del sistema immunitario decresce, per cui il soggetto anziano è più suscettibile alle infezioni e può sviluppare con maggiore probabilità delle forme cliniche più gravi.

Soluzione: l’anziano spesso necessita di integrazione alimentare.

Fumo

Il fumo di sigaretta danneggia gravemente le cellule dell’apparato respiratorio e ne distrugge i meccanismi di protezione nei confronti delle infezioni.

Un recente studio di ricercatori cinesi mostra che l’effetto del fumo sulle difese immunitarie è duplice.

Da una parte, infatti, fumare indebolisce il sistema immunitario e aumenta il rischio di infezioni anche a causa dell’attivazione infiammatoria persistente, dall’altra può provocare addirittura una risposta immunitaria eccessiva.
Questo processo sembra dipendere dai diversi effetti che i componenti del fumo esercitano sul singolo individuo in funzione delle sue particolari condizioni cliniche.

Il fumo sembra anche stimolare le difese immunitarie ad attivarsi contro cellule e tessuti propri dell’organismo, generando risposte autoimmunitarie.
I meccanismi molecolari alla base di questa fenomenologia non sono ancora chiari.

Soluzione: ovviamente non fumare, e non stare vicino a chi fuma (il fumo passivo causa gli stessi problemi).

Attività fisica e sedentarietà

Sappiamo che l’attività fisica è salutare, ma per quanto riguarda le difese immunitarie vanno precisati alcuni aspetti.

L’attività fisica corretta corrisponde all’esercizio moderato, perché l’esercizio fisico estenuante attiva l’immunità innata e quindi la risposta infiammatoria tanto quanto la sedentarietà, e diventa così un fattore coinvolto nell’insorgenza di malattie croniche.

L’esercizio fisico estenuante provoca anche una alterata crescita delle cellule T, favorendo un indebolimento delle difese e di conseguenza una maggiore suscettibilità alle infezioni, soprattutto delle vie respiratorie.

La sedentarietà e l’obesità stesse attivano l’immunità innata e quindi uno stato di infiammazione cronica.

Un dato interessante emerso da uno studio recente è che l’inattività acuta, come avviene dopo un infortunio, sembra modulare negativamente il sistema immunitario in modo diretto, soprattutto se è presente una patologia infiammatoria di base come l’asma.

Soluzione: non praticare sport estremi ma esercizio fisico costante e moderato.

Servono gli integratori?

In letteratura mancano dati certi su quali siano i livelli ottimali di micronutrienti tali per cui le difese immunitarie funzionino idealmente al massimo delle loro possibilità.

Generalmente ci si attiene ad un parametro chiamato RDA (Recommended daily allowance – quota giornaliera raccomandata), che rappresenta il valore medio di ciascun micronutriente che deve essere assunto ogni giorno affinché, nella maggior parte dei casi, vengano evitati stati di carenza.

Sicuramente gli studi ci indicano alcune categorie di soggetti che necessitano di una integrazione (donne in gravidanza e anziani).
Gli anziani in particolare presentano un abbassamento della funzione immunitaria sia innata che acquisita.
A queste categorie si aggiungono i fumatori, le persone che abusano di alcol e i soggetti con sindrome da insulino-resistenza come diabetici e obesi.

Sappiamo che gli stati carenziali di vitamine e oligoelementi predispongono alle infezioni o addirittura sono responsabili di patologie legate alla malnutrizione.

Domanda: assumere quantità di micronutrienti superiori alla RDA favorisce ulteriormente il sistema immunitario?
Alcune considerazioni preliminari.

Teoricamente una dieta varia ed equilibrata come quella mediterranea consente all’organismo di assumere tutti i micronutrienti necessari per evitare stati carenziali e patologie correlate (cosa che non accade in molte parti del mondo, anche industrializzato).

Gli integratori di solito vengono acquistati liberamente dalla popolazione senza consultare il medico o il nutrizionista, e senza fare un dosaggio preliminare della concentrazione di micronutriente nel sangue.

Attorno alla vendita di integratori ruota un businness globale, e anche per questo è bene documentarsi adeguatamente su ciò che si intende assumere.

come aumentare le difese immunitarie

Studi recenti sulla popolazione adulta americana non mostrano evidenza di miglioramento dello stato di salute con l’assunzione di integratori a base di vitamine e sali minerali; il parametro “miglioramento della salute” è stato valutato, però, in termini di mortalità globale, malattie cardiovascolari, tumori e malattie neurodegenerative.

Sono descritti casi di tossicità legati ad assunzione eccessiva di sali minerali come il ferro o di vitamine liposolubili come vitamina A e vitamina E.
In particolare, l’assunzione in dosi tossiche di vitamina E nei fumatori è correlata ad un aumento del rischio di neoplasie polmonari.
Anche l’eccessiva assunzione di rame ha mostrato degli effetti avversi, paradossalmente addirittura di peggioramento della risposta immunitaria.

Chi e come deve integrare i micronutrienti

Vitamina A

Cosa sappiamo?
Nel bambino, dosaggi superiori alla RDA proteggono da diarrea e morbillo e accelerano la guarigione in caso di polmonite, diarrea legata al morbillo e infezioni respiratorie.

Generalmente con una dieta varia non si sviluppano stati carenziali.

Attenzione alla tossicità da dosi massive soprattutto in gravidanza, in quanto l’eccesso di vitamina A può avere un effetto teratogeno sul feto (cioè può causare malformazioni).

Bisogna integrare?
Allo stato attuale non c’è evidenza che sia necessaria una integrazione nell’adulto per potenziare le difese immunitarie.

Vitamina C

Cosa sappiamo?
La carenza provoca suscettibilità alle infezioni soprattutto del tratto respiratorio.
L’aspetto interessante è questo: la carenza può svilupparsi non solo per insufficiente apporto con la dieta ma anche per eccessiva esposizione ad inquinanti atmosferici che aumentino lo stress ossidativo a livello respiratorio, in quanto aumenta il consumo di vitamina C che agisce da “tampone” antiossidante.

I fumatori attivi e passivi, che sono esposti a stress ossidativo continuo, hanno livelli di vitamina C più bassi del normale e dovrebbero secondo alcuni studi assumerne una supplementazione giornaliera.
Anche i diabetici, gli obesi, gli anziani e i pazienti istituzionalizzati hanno livelli di vitamina C tendenzialmente più bassi e anche per loro andrebbe considerata una integrazione alimentare.

La supplementazione di vitamina C in soggetti che praticano esercizio fisico intenso si è mostrata in grado di ridurre l’incidenza del comune raffreddore, con un quantitativo giornaliero totale di 200 mg comprensivi di assunzione dietetica e supplementazione.

Un recentissimo studio, inoltre, conferma anche che la supplementazione di vitamina C riduce i valori pressori nei soggetti con ipertensione essenziale, con dosaggio totale superiore ai 200 mg al giorno.

come aumentare le difese immunitarie

Bisogna integrare?
In generale la supplementazione di vitamina C in adulti e bambini sembra ridurre l’incidenza di infezioni respiratorie.
La dose di vitamina C dovrebbe garantire concentrazioni plasmatiche di almeno 100-200 mg al giorno tra assunzione dietetica e integrazione; ricordiamo che la RDA è di circa 80 mg al giorno.

Quando l’infezione respiratoria è già manifesta, sia nelle alte vie respiratorie come in caso di raffreddore o tracheite sia in caso di polmonite, il consumo di vitamina C è nettamente maggiore a causa dello stress ossidativo, e la supplementazione è efficace nel ridurre i tempi di guarigione.

Il dosaggio in questo caso dovrebbe essere più elevato per far fronte alle aumentate richieste metaboliche e assestarsi a 0,5-1,5 grammi totali al giorno.

Vitamina D

Cosa sappiamo?
La vitamina D può essere deficitaria nella sua forma attiva a causa della scarsa esposizione al sole.
La sua RDA è di circa 600 UI al giorno ma cresce nella popolazione anziana, dove raggiunge un range di 600-800 UI.

La vitamina D è molto importante per le difese immunitarie in gravidanza perché protegge il neonato dalle infezioni respiratorie.

La maggior parte degli studi mostra una correlazione tra valori plasmatici deficitari di vitamina D e peggioramento di problemi respiratori, soprattutto nei soggetti asmatici con valori tendenzialmente carenti.
Secondo alcuni può essere razionale supplementare la vitamina D per prevenire infezioni virali, sulla base di studi in vitro dove è stato dimostrato questo effetto.
In vivo le evidenze in questo senso ancora controverse; il dosaggio raccomandato per la supplementazione varierebbe da 300 a 2600 UI al giorno.

Altri studi suggeriscono di effettuare un dosaggio preliminare della vitamina D nel sangue prima di iniziare l’integrazione; sembrano preferibili dosaggi giornalieri costanti piuttosto che dosaggi intermittenti più elevati, come si usa fare nei cicli di integrazione.

Bisogna integrare?
In generale possiamo dire che c’è evidenza di riduzione del rischio di infezioni respiratorie in adulti e bambini dopo supplementazione con vitamina D.
In caso di infezioni respiratorie manifeste come influenza la supplementazione accelera la guarigione; non ci sono dati certi sul dosaggio.

Vitamina E

Cosa sappiamo?
La supplementazione di vitamina E oltre i livelli raccomandati sembra migliorare la risposta immunitaria negli anziani, in particolare in termini di risposta alla vaccinazione.

Secondo uno studio recente questo effetto sembra dipendere dai livelli pre-supplementazione delle citochine nel sangue; sembra esserci quindi molta variabilità individuale nella risposta alla supplementazione.

Ci sono diversi studi su modelli animali che supportano una azione protettiva della supplementazione con vitamina E nei confronti delle infezioni respiratorie, e questi dati sono stati in parte validati anche in alcuni trial sulla popolazione anziana.

Un altro studio ha documentato una protezione dalle infezioni respiratore correlata ad una integrazione di 200 UI al giorno di α-tocoferolo preso per un anno; i dati però vanno confermati da studi più ampi.

Va ricordato che i soggetti fumatori esposti ad elevati dosaggi di vitamina E mostrano un ulteriore aumento del rischio di neoplasie polmonari.

Bisogna integrare?
Nell’anziano va considerata l’integrazione; non vi sono dosaggi raccomandati.

Vitamina B6, B12, folati, oligoelementi

Cosa sappiamo?
Nei bambini, la supplementazione di zinco e ferro è risultata in grado di prevenire l’incidenza di alcune infezioni come l’otite e le infezioni del tratto respiratorio.

La supplementazione di zinco accelera la guarigione del comune raffreddore.

Bisogna integrare?
Le vitamine B6 B12 e i folati, e gli elementi essenziali come ferro, rame, selenio, zinco e magnesio vanno integrati in caso di deficit nutrizionale.

Conclusioni

Secondo le ultime evidenze, la supplementazione con multivitaminico a dosi superiori alle RDA può migliorare la resistenza alle infezioni, in particolare nelle categorie a rischio come fumatori, anziani, soggetti che abusano di alcol, diabetici, obesi e con insulino-resistenza in generale.

Bisogna fare attenzione alle dosi eccessive soprattutto nelle donne in gravidanza (vitamina A) e nei fumatori (vitamina E).

In presenza di infezione respiratoria manifesta vi sono benefici in termini di miglioramento dei sintomi e guarigione più rapida con la supplementazione oltre le RDA di alcuni micronutrienti.

Consigli su come aumentare le difese immunitarie
Fondamentale concentrarsi su un’alimentazione varia che comprenda tutti gli alimenti fonte di micronutrienti.

Una buona abitudine può essere quella di alternare l’assunzione di carne e pesce, uova e latticini, e abituarsi a inserire nella dieta semi biologici (chia, girasole, lino, canapa, zucca).

Limitare al minimo se non eliminare del tutto il cibo spazzatura (dolciumi, merende confezionate).

Nell’adulto sano e sportivo possiamo considerare l’integrazione con vitamina C ed eventualmente vitamina D, in quest’ultimo caso evitando dosi eccessive e considerando sempre l’apporto dietetico.

Quando possibile, sarebbe bene dosare preventivamente la concentrazione del micronutriente nel sangue.

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