gamba gonfia

Come e quando usare la calza elastica come rimedio per la gamba gonfia

Nel 99% dei casi il rimedio per la gamba gonfia NON è la calza elastica; vediamo come e quando usarla correttamente

La comparsa di una gamba gonfia, o edema alla gamba, rappresenta un problema frequente nella popolazione spesso in assenza di altri sintomi; in alcuni casi, tuttavia, può trattarsi del segno di una patologia grave che per questo va riconosciuta e trattata correttamente.

In presenza di questo problema molti medici si limitano a prescrivere alcuni integratori assieme all’utilizzo di una calza elastica, magari senza specificarne la tipologia.
Applicare una calza elastica in una gamba gonfia, tuttavia, non solo non è efficace ma può provocare anche dei danni per un effetto di strangolamento sui tessuti.

Qual è allora la soluzione corretta? Come si riabilita una gamba gonfia?
Di seguito vedremo in cosa consiste l’edema alla gamba, quali sono le cause e i meccanismi attraverso i quali si sviluppa e quali sono i trattamenti adeguati. Seguimi nella lettura!

Le cause della gamba gonfia

Il gonfiore delle gambe si riscontra spesso nel sesso femminile a causa di fattori ormonali legati a gravidanza, menopausa o assunzione della pillola anticoncezionale, ma può colpire anche i maschi ed essere legato a traumi o infiammazioni.

L’edema alla gamba vero e proprio, invece, può essere la manifestazione di una patologia la trombosi venosa profonda, l’insufficienza venosa o l’insufficienza linfatica.
Queste patologie, se non trattate, si cronicizzano fino a causare danni anche irreversibili, oppure portano a complicazioni come ulcere e linfedema.

La comparsa di una gamba gonfia è causata da un accumulo acuto o cronico di liquidi nello spazio situato fuori dalle cellule sottocutanee, chiamato matrice extracellulare, e i meccanismi attraverso i quali si sviluppa sono fondamentalmente tre; vediamoli uno per uno.

Il primo è rappresentato da un danneggiamento delle cellule dei capillari del microcircolo, cioè quella struttura costituita dai piccoli vasi che portano sostanze nutrienti e ossigeno ai tessuti. Questo danneggiamento altera la permeabilità dei capillari facendone perdere la funzione di filtro, e provocando di conseguenza il passaggio di liquidi nei tessuti.
Alcune situazioni di questo tipo sono rappresentate da ustioni o traumi, o ancora da ciò che succede ai pazienti che vengono sottoposti a bypass della gamba per cattiva circolazione.

Il secondo meccanismo è legato ad un aumento della pressione del sangue all’interno dei capillari, come accade nella insufficienza venosa o nello scompenso del cuore.
Il sangue, a causa dell’ostacolo al flusso, tende a ristagnare nelle gambe esercitando quindi una maggiore pressione sulle pareti dei capillari e causando la fuoriuscita di liquidi nei tessuti.

Il terzo meccanismo dipende dalla perdita patologica di proteine attraverso i reni, che causa un edema diffuso per un meccanismo “oncotico” (il sangue perde ciooè la capacità di trattenere liquidi nei vasi).

Le conseguenze della gamba gonfia

Quando una gamba si gonfia progressivamente per il ristagno di liquidi si verifica uno squilibrio nelle strutture che stanno fuori dalle cellule e che compongono la cosiddetta matrice extracellulare; si tratta di un vero e proprio organo che compone i nostri tessuti sottocutanei, fatto di acqua e molecole strutturali che ne mantengono le proprietà fisiche e che interagiscono con le cellule modulandone la funzione.
Le cause di edema alla gamba, come abbiamo visto, sono diverse, ma tutte portano ad una situazione di sofferenza della matrice extracellulare.

Con il tempo e senza un adeguato trattamento la matrice si ammala a causa di un circolo vizioso in cui la linfa, che è fatta di acqua e cellule, ristagna eccessivamente anziché essere drenata dai vasi linfatici, causando in questo modo infiammazione e acidificazione.
Il sistema dei vasi linfatici, a sua volta, si affatica sempre di più a causa del super lavoro che gli viene richiesto, le sostanze tossiche ristagnano ulteriormente e il gonfiore peggiora diventando sempre più duro, perché l’accumulo di acqua stimola anche la fibrosi in maniera patologica.
Con il tempo la situazione può peggiorare ancora perché possono comparire infezioni dei tessuti sottocutanei e lesioni cutanee; questa situazione è difficilmente reversibile.

Tutte le forme di edema cronico, se non trattate, portano quindi con il tempo ad un sovraccarico del sistema linfatico e, se ci sono altri fattori concomitanti, ad un linfedema.
Nel linfedema la gamba presenta un gonfiore duro e ingravescente perché il sistema linfatico, questa complessa rete di vasi che raccoglie acqua e cellule dai tessuti, non riesce più a svolgere il suo compito proprio perché sovraccaricato per tanto tempo e costretto ad un super lavoro che ne ha abbassato progressivamente la capacità di funzionamento massimale, non riuscendo più a fronteggiare situazioni anche transitorie che provochino l’aumento di liquidi nella gamba.

In queste situazioni un trattamento tempestivo è fondamentale!

Qual è il trattamento corretto?

Molto spesso accade che i pazienti con una gamba gonfia non sappiano a chi rivolgersi e si trovino a vagare da uno specialista all’altro senza ottenere il miglioramento sperato.
Molti medici, inoltre, non conoscono adeguatamente il problema dell’edema alla gamba e prescrivono terapie non adeguate.
Un esempio sono i farmaci diuretici, che spesso vedo prescritti nei pazienti con linfedema con lo scopo di sgonfiare gli arti.

Questi farmaci servono per stimolare l’espulsione di liquidi in alcune malattie cardiache e renali ma non vanno bene nel linfedema in quanto provocano una ulteriore disidratazione in una matrice extracellulare già privata di acqua.
Infatti, al contrario di quanto può sembrare, in questa malattia i tessuti sono gonfi ma sono anche disidratati, perché “intasati” da detriti cellulari, globuli bianchi e batteri che la matrice extracellulare non riesce più a smaltire a causa dell’insufficiente funzione del sistema linfatico.
Per questo motivo è importante che i pazienti affetti si idratino adeguatamente, e seguano naturalmente le altre indicazioni terapeutiche.

Un altro problema è rappresentato dalla errata terapia compressiva.
La cosa più dannosa che si può fare su una gamba gonfia, infatti, è applicare subito una calza elastica senza una precedente terapia decongestiva; vediamo il perché.

Le vene profonde della gamba si trovano avvolte dai muscoli del polpaccio che rappresentano il motore che spreme il sangue verso il cuore contro la forza di gravità.
Quando siamo fermi in piedi la colonna di sangue all’interno delle vene esercita una pressione alla caviglia causata dalla forza di gravità stessa, e il sangue non riesce a essere drenato efficacemente. Quando camminiamo, invece, si innesca una pompa muscolare che, assieme all’alternanza di chiusura e apertura delle valvole venose, permette alla colonna di sangue di “frazionarsi” e di essere drenata.

La calza elastica è un dispositivo terapeutico che esercita una compressione esterna che supporta la funzione dei sistemi venoso e linfatico.
In questo modo, la calza aiuta i vasi malati a drenare i liquidi, migliora il funzionamento delle valvole venose e, nei casi di trombosi, favorisce il recupero della vena interessata.

La calza può essere fatta di diversi materiali e può avere una “forza” compressiva variabile a seconda della necessità e del caso specifico; inoltre le forme sono svariate, in quanto esistono gambaletti che arrivano al ginocchio, autoreggenti fino a metà coscia o collant fino alla vita.
Tutte le calze hanno in comune la caratteristica di esercitare una pressione a riposo e una pressione mentre camminiamo, che si chiama pressione di lavoro. Nel caso delle calze elastiche sappiamo che la differenza tra queste due pressioni è di scarsa entità.

Se la gamba è gonfia, l’applicazione di una calza elastica determinerebbe una pressione a riposo insopportabile per il paziente, e non riuscirebbe a far riassorbire i liquidi in quanto la differenza pressoria tra la situazione di riposo e quella di lavoro è poca.
Inoltre, la sua applicazione potrebbe causare un effetto di strangolamento sui tessuti gonfi con “effetto laccio”, in particolare a livello del piede o alla caviglia dove possono svilupparsi lesioni gravi.

La soluzione per sgonfiare la gamba consiste nell’utilizzo di bendaggi anelastici che abbiano una pressione a riposo nulla o quasi e una pressione di lavoro elevata.
Si tratta del bendaggio flebo/linfologico multistrato con funzione anelastica, che viene effettuato con tecniche particolari e mantenuto giorno e notte per essere rinnovato di solito dopo alcuni giorni, fino a decongestione completa.

In questo caso, essendo la differenza tra le due pressioni elevata, faremo in modo che durante la deambulazione la pompa dei muscoli del polpaccio aumenti la pressione del compartimento e, grazie alla presenza del tutore anelastico che è poco o nulla estensibile, permetta alla gamba di sgonfiarsi progressivamente.

I bendaggi anelastici sono creati in diversi modi e sono fatti di materiali differenti, come ad esempio bende anelastiche o bende allo zinco, e vanno effettuati da un medico competente.
Inoltre, possono essere associati ad una terapia farmacologica che agisce detossificando la matrice extracellulare e favorendo il riassorbimento dei liquidi in eccesso.

Camminare è fondamentale in questa fase della terapia, perché sono proprio i muscoli del polpaccio il motore da sfruttare per svuotare la gamba dai liquidi in eccesso, con la contenzione della benda.
In un secondo momento, quando la gamba sarà ridotta di volume, sarà possibile scegliere un tutore elastico su misura, di materiale diverso a seconda delle esigenze del paziente.

Ricordiamo che per trattare correttamente una gamba gonfia è importante una diagnosi precoce e corretta, finalizzata ad avviare un percorso terapeutico specifico che si potrà ottenere solo rivolgendosi ad un medico specializzato.

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