Le ulcere alle gambe richiedono uno specialista competente

Ulcere alle gambe: quando il problema è vascolare

La presenza di ulcere alle gambe è un problema grave che interessa fino all’1,5% della popolazione, anche se man mano che si avanza con l’età aumenta il numero di persone affette.
Le ulcere alle gambe comportano un peggioramento della qualità di vita della persona, sia per il dolore che provocano sia per lo stress dovuto alla limitazione nei movimenti, nella vita sociale e nell’igiene personale.

Indubbiamente, la maggior parte delle ulcere alle gambe è dovuta a problemi di circolazione.
A volte, però, le ulcere hanno cause meno comuni, e ciò rende difficile identificarne il problema alla base; inoltre, spesso non si trova lo specialista giusto che possa risolverlo.

Molti di noi potrebbero avere un genitore anziano o un nonno che soffre di questo problema. Conoscere le cause delle ulcere alle gambe, oltre che ciò che le differenzia tra di loro, è utile per orientarsi su come gestirle e a chi rivolgersi.

Cosa sono le ulcere alle gambe e come guariscono

Le ulcere alle gambe sono delle lesioni della barriera cutanea con perdita di sostanza; presentano sempre una esposizione del derma, cioè lo strato di tessuto sotto l’epidermide, e a volte anche di strutture più profonde come muscoli e tendini.
Le ulcere alle gambe si definiscono croniche quando sono presenti da almeno 6 settimane e non mostrano tendenza alla guarigione per un periodo di almeno 3 mesi.

Generalmente, le ulcere alle gambe guariscono attraverso tre fasi di durata diversa.
Nella fase infiammatoria, lo stimolo lesivo attiva nell’organismo la risposta infiammatoria, un esercito di molecole e cellule che, in modo aspecifico, tenta di distruggere l’elemento che ha avviato il danno.
La stessa infiammazione, però, con il tempo danneggia anche i tessuti dell’organismo stesso, favorendo la permanenza dell’ulcera.

Alla fase infiammatoria segue la fase proliferativa, che dura fino ad un mese e che è caratterizzata dalla formazione di nuovi tessuti e vasi sanguigni, che coprono l’ulcera fino a farla guarire.
Nella successiva fase di rimodellamento, che durerà fino ad un anno, i tessuti generati per guarire vengono ristrutturati e riorganizzati, sostituendo progressivamente le cellule con matrice fibrosa.

Le ulcere croniche rimangono bloccate nel passaggio tra la fase infiammatoria e quella proliferativa, almeno fino a che non ne viene rimossa la causa.
Naturalmente, essendo compromessa la funzione di barriera della cute, possono crescere batteri e svilupparsi infezioni, che complicano ulteriormente il decorso della lesione.

Cause vascolari delle ulcere alle gambe

Le ulcere alle gambe sono causate nell’80% dei casi da problemi vascolari.
Si tratta per lo più di alterazioni della circolazione venosa, legate cioè a ristagno di sangue dovuto a reflusso nelle vene oppure esiti di trombosi importanti.

Negli altri casi parliamo di ulcere arteriose, cioè dovute a ostruzione delle arterie, oppure di ulcere diabetiche, quando questa malattia colpisce i vasi e i nervi compromettendo la vitalità dei tessuti.

C’è da ricordare che spesso, soprattutto negli anziani, sono presenti più cause in uno stesso paziente che concorrono allo sviluppo dell’ulcera; si parla in questo caso di ulcere miste.

Ulcere venose

Le ulcere venose sono le più frequenti tra quelle legate a problemi di circolazione.
Il problema alla base è l’insufficienza venosa, una malattia che causa la progressiva perdita di funzione drenante delle vene delle gambe e che con il tempo causa un ristagno di sangue nelle parti più declivi, tipicamente alle caviglie.

Il sangue fermo attiva le cellule dei capillari sanguigni che diventano più permeabili, provocando in questo modo un accumulo di liquidi e cellule nei tessuti extracellulari. Inoltre, viene attivata la risposta infiammatoria che, cronicizzandosi, distrugge gli stessi tessuti causando la formazione dell’ulcera.

Le ulcere alle gambe possono essere causate da insufficienza venosa

Come riconoscerle?
Le ulcere venose si localizzano tipicamente alle caviglie, soprattutto al malleolo interno, sono abbastanza superficiali e possono produrre molto liquido a causa del concomitante edema alla gamba.
Infatti, le ulcere venose si accompagnano spesso ad una gamba gonfia e alla presenza di macchie scure alle caviglie, che sono altri segni dovuti all’insufficienza venosa.

Il trattamento delle ulcere venose prevede una corretta terapia compressiva e farmacologica, oltre che il trattamento del problema venoso che l’ha provocata; bisogna rivolgersi ad un medico specialista nell’ambito flebologico.

Ulcere arteriose

Le ulcere arteriose sono causate dalla diminuzione del flusso di sangue proveniente dalle arterie, quando queste sono ristrette oppure ostruite a causa dell’aterosclerosi.
L’aterosclerosi colpisce la parete delle arterie determinando lo sviluppo di placche aterosclerotiche, delle masse solide o semi-liquide che crescono progressivamente ostruendo il vaso oppure causando la partenza di emboli, cioè frammenti solidi che, seguendo il flusso del sangue, chiudono i vasi più piccoli a valle.

Le ulcere arteriose sono molto dolorose e si localizzano tipicamente alle estremità del piede, anche se possono avere una localizzazione variabile, in particolare sulle prominenze ossee. Si possono riconoscere per la presenza di tessuto necrotico, cioè nerastro e devitalizzato, e per la scarsa produzione di liquido.

Il primo passo per la guarigione delle ulcere arteriose è quello di pianificare un intervento per aumentare l’apporto di sangue; non bisogna assolutamente grattare o incidere queste ulcere, in quanto il trauma peggiorerebbe il danno e l’ulcera potrebbe ingrandirsi ulterioremente.
In questi casi bisogna rivolgersi al chirurgo vascolare.

Ulcere diabetiche

Il diabete è una malattia insidiosa che, attraverso meccanismi legati all’aumento degli zuccheri nel sangue, causa un danno alla microcircolazione della cute, di alcuni organi e dei nervi; una regione particolarmente colpita è proprio il piede.

Anche se lo sviluppo di ulcere alle gambe nel diabete può essere dovuto a problemi di circolazione, nella maggior parte dei casi il problema alla base è la neuropatia diabetica.
Si tratta di una progressiva degenerazione dei nervi periferici che comporta la perdita della sensibilità, di parte del movimento muscolare e del corretto funzionamento di ghiandole cutanee e vasi sanguigni.

Le ulcere alle gambe possono essere causate dal diabete

In presenza di neuropatia diabetica il paziente non avverte il dolore, le vibrazioni, la pressione e la temperatura. Di conseguenza, traumi anche banali come tagliarsi le unghie o esercitare piccole pressioni ripetute possono causare la formazione di ulcere, tipicamente alla pianta del piede o alle dita.
Oltretutto, la neuropatia compromette la secrezione di sudore ed il normale trofismo della pelle, aggravando così la situazione e favorendo lo sviluppo di infezioni, già facilitate dal diabete stesso.

Le ulcere diabetiche si riconoscono per l’aspetto circolare, sono circondate da pelle più spessa del normale e si localizzano alla pianta del piede nelle zone sottoposte a pressione, diventando spesso penetranti.
La prima cosa da fare per trattarle correttamente è alleviare lo stimolo pressorio.

A chi rivolgersi? In questi casi il diabetologo e il chirurgo vascolare dovrebbero lavorare in sinergia.

Ulcere vascolari meno frequenti

Alcune malattie vascolari più rare possono causare la formazione di ulcere alle gambe; si tratta di condizioni poco conosciute e a volte difficili da riconoscere.

Malattia di Buerger

Questa patologia provoca l’ostruzione di arterie e vene di piccolo e medio calibro, soprattutto a livello degli arti inferiori dove possono svilupparsi delle ulcere molto dolorose.
La malattia colpisce tipicamente i soggetti fumatori di sesso maschile, di età relativamente giovane (di solito sotto i 50 anni).

L’aspetto caratteristico di questa patologia è che, a differenza dell’aterosclerosi, non colpisce la parete dei vasi ma causa una coagulazione del sangue al loro interno; il risultato è comunque un arresto della circolazione periferica.
Le ulcere alle gambe, in questa malattia, sono molto dolorose, e se non cessa l’abitudine al fumo possono ingrandirsi velocemente rendendo necessaria l’amputazione.

Lo specialista di riferimento è l’angiologo o il chirurgo vascolare.

Emboli di colesterolo

A volte le ulcere alle gambe sono causate dal distacco di frammenti di colesterolo dalle placche aterosclerotiche; seguendo il flusso del sangue, questi frustoli finiscono nei vasi più piccoli sotto la cute e li occludono.
Questo problema colpisce soprattutto i maschi affetti da aterosclerosi, e può verificarsi più facilmente se le placche aterosclerotiche vengono manipolate in corso di altre procedure mediche.

Gli emboli di colesterolo possono causare la formazione di ulcere oppure, più tipicamente, mandano in sofferenza un dito del piede, che diventa dapprima bluastro e poi nero, a causa della sopraggiunta necrosi.
Il trattamento deve essere tempestivo e volto ad eliminare la placca aterosclerotica attraverso una procedura di chirurgia vascolare.

Calcifilassi

Questa patologia colpisce le persone con insufficienza renale terminale e diabete di lunga durata, quando il calcio si deposita in modo anomalo ed eccessivo nelle pareti delle piccole arterie cutanee.
I quadri clinici sono molto gravi, in quanto si sviluppano ulcere necrotiche molto dolenti e spesso difficili da trattare; anche la malattia di base compromette di per sé la prognosi.

Il trattamento in genere è poco efficace, perché non si riesce a ristabilire una circolazione di sangue efficace e duratura.

Atrofia bianca o vasculopatia livedoide

La vasculopatia livedoide è una malattia abbastanza rara che colpisce i piccoli vasi sanguigni determinando la comparsa di ulcere ricorrenti, che spesso guariscono lasciando una cicatrice bianca di forma stellata.
Questa condizione colpisce di più le donne, e le ulcere si localizzando di solito in entrambi gli arti a livello delle caviglie.

Tra le ulcere alle gambe possiamo riscontrare la vasculopatia livedoide

In un terzo dei casi non si trova una causa; nei rimanenti, si è osservata una associazione con malattie autoimmuni o alterazioni della coagulazione del sangue.

Ulcera di Martorell

Si tratta di una lesione rara, che colpisce tipicamente le donne affette da forme particolarmente gravi di ipertensione arteriosa, quando i vasi cutanei sono talmente irrigiditi da compromettere l’apporto di sangue ai tessuti.

Sono ulcere molto dolorose, con dei bordi netti e rilevati, localizzate tipicamente nella parte laterale o posteriore della gamba.
In presenza di ulcera di Martorell, le arterie sono pervie e non ci sono segni di insufficienza venosa.

La terapia prevede innanzitutto il controllo della pressione del sangue. Le ulcere piccole possono guarire con medicazioni adeguate, mentre quelle più grandi vanno coperti con innesti di pelle.

Conclusioni

La gran parte delle ulcere alle gambe è causata da problemi di circolazione.
Conoscere le cause di questo problema ci può aiutare a scegliere lo specialista più adatto e ad effettuare una prima gestione delle lesioni.

Come anticipato, a volte le ulcere sono causate da altre patologie che non hanno a che fare con un problema primario di circolazione. In un prossimo articolo analizzeremo queste cause meno frequenti ma comunque importanti da conoscere.

La ritenzione idrica può essere contrastata con una corretta integrazione

Ritenzione idrica nelle gambe: quali rimedi?

La presenza di ritenzione idrica nelle gambe viene lamentata da molte donne, soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, è fonte di disagio ed è difficile da contrastare.
Si tratta sostanzialmente della percezione o sensazione di gonfiore localizzata alle caviglie, ai piedi, alle gambe o a volte alle cosce; naturalmente il gonfiore è frequentemente anche oggettivo.

Questo problema può accompagnarsi a dolori crampiformi o senso di pesantezza alle gambe, oppure a bruciore e indolenzimento.
Le cause di questa condizione sono difficilmente riconducibili ad un unico fattore, in quanto si tratta per lo più di forme miste dovute a predisposizione genetica e azione degli ormoni estrogeni.

Cause della ritenzione idrica

Con il termine ritenzione idrica si intende una generica tendenza a trattenere liquidi all’interno dell’organismo.
La ritenzione idrica propriamente detta dovrebbe accompagnarsi ad un aumento del peso corporeo o del volume degli arti, oppure presentarsi sotto forma di edema alla gamba, quando la pressione delle dita lascia un’impronta (il cosiddetto segno della “fovea”).

Il problema a cui ci riferiamo nello specifico, invece, a che fare con ristagno di acqua e linfa nella rete di tessuto connettivo che si trova nel contesto del grasso sottocutaneo degli arti inferiori.

La ritenzione idrica spesso si accompagna a dolore e pesantezza alle gambe

Perché succede questo?
Acqua e molecole filtrano regolarmente dai capillari sanguigni ai tessuti dove portano ossigeno e nutrimento, per poi essere raccolte dai capillari linfatici.
In alcune condizioni come la cellulite, oppure negli stadi iniziali del lipedema, c’è invece una tendenza intrinseca dei capillari ad essere più permeabili del normale, il che risulta in un accumulo di liquidi nei setti di connettivo che accolgono gli stessi capillari.
Questo processo a sua volta causa la ritenzione idrica.

Inoltre, quando la temperatura esterna aumenta, e le vene diminuiscono la loro attività per disperdere calore, questo meccanismo vizioso può essere indirettamente favorito.
Il ristagno di sangue dovuto ad ipotonia venosa e reflusso è alla base dell’edema che si forma nell’insufficienza venosa, ed è noto che la cellulite e la stessa insufficienza venosa vanno frequentemente di pari passo, sotto l’azione degli ormoni femminili.

Quali sostanze possono contrastare la ritenzione idrica?

Per combattere la ritenzione idrica nelle gambe servono delle sostanze che regolino la permeabilità dei capillari, possibilmente migliorino il tono venoso, cioè l’attività propulsiva delle vene, e “aggiustino” il funzionamento dei capillari linfatici.
Queste sostanze dovrebbero anche contrastare l’infiammazione e il danno ossidativo, perché quando i capillari filtrano di più attivano anche la risposta infiammatoria, tanto è vero che insufficienza venosa e cellulite si associano nel lungo termine ad infiammazione nella matrice extracellulare e fibrosi.

Premesso che è fondamentale idratarsi abbondantemente, non esiste un rimedio che cambi la situazione in modo fulmineo, anche perché la problematica è subdola e i meccanismi che la regolano rappresentano un bersaglio eterogeneo, difficile da colpire.
Abbiamo però a disposizione delle molecole, per lo più naturali, che hanno una azione flebotonica, cioè supportano la microcircolazione ed il funzionamento il sistema veno-linfatico, aiutandoci a contrastare il problema.

Conoscerle fornisce degli strumenti in più che si possono sfruttare.

Ruscus

Il Ruscus Aculeatus è una pianta cespugliosa sempreverde che produce delle grosse bacche rosse e forma delle foglie pungenti, per questo si chiama anche “pungitopo”.
L’estratto delle sue radici contiene delle sostanze chiamate saponine; esse hanno una nota funzione di supporto del sistema venoso, sono antiossidanti, cioè proteggono le cellule dai danni chimici, e hanno una azione diuretica.

La ritenzione idrica può essere contrastata con il Ruscus

Il meccanismo di azione dell’estratto di Ruscus sulla ritenzione idrica è legato all’azione dell’adrenalina e della noradrenalina sulle pareti delle vene.
Queste molecole stimolano le cellule muscolari dei vasi a contrarsi per far progredire il sangue, ed il Ruscus ne potenzia l’azione a livello recoettoriale, favorendo anche il rilascio in quantità maggiore della sostanza.
In questo modo, l’aumento del flusso capillare andrà di pari passo con una minore permeabilità, e quindi contrasterà la ritenzione idrica.

Negli studi sugli animali, il Ruscus ha mostrato un effetto dose-dipendente di aumento della contrazione delle vene e dei vasi linfatici, aumento della resistenza dei capillari e diminuzione della loro permeabilità, oltre che di contrasto all’azione infiammatoria dei globuli bianchi.
Nell’uomo, vari studi hanno analizzato questa sostanza in persone con insufficienza venosa, sia in forme lievi con presenza di soli capillari, sia in forme gravi con gonfiori importanti, ulcere ed esiti di trombosi.

Il Ruscus mostra un’alta efficacia sia nella riduzione dei sintomi come pesantezza, dolore, crampi, fatica e formicolio, sia nel contrasto alla ritenzione idrica, misurata quantitativamente come diminuzione della circonferenza alla caviglia e diminuzione del volume dell’arto.
Un fatto interessante è che nella popolazione studiata c’erano soggetti con capillari visibili sulle gambe e sintomi come pesantezza e gonfiore, cioè persone, per lo più di sesso femminile, molto rappresentative del problema di cui parliamo.

Negli studi analizzati, il Ruscus è stato somministrato per tre mesi in associazione con Esperidina, una sostanza flavonoide naturale, e in alcuni casi con Vitamina C.
L’associazione di 150 mg di Ruscus + 1 g di Vitamina C al giorno è un valido rimedio per contrastare la ritenzione idrica.

Escina

L’escina è un’altra sostanza appartenente alla categoria delle saponine; la troviamo nell’estratto dei semi di ippocastano.
Questa molecola contrasta l’infiammazione e riduce la permeabilità dei capillari, agendo quindi in opposizione ai meccanismi che determinano la ritenzione idrica. Inoltre, ha una azione protettiva proprio sulle cellule dei capillari sanguigni.

La ritenzione idrica può essere contrastata con l'escina

L’escina aumenta direttamente anche il tono venoso. Uno studio effettuato su vene safene prelevate chirurgicamente, tuttavia, ha mostrato che funziona poco o nulla se il vaso è molto tortuoso, quindi si può ipotizzare una sua maggiore efficacia negli stadi inziali dell’insufficienza venosa, quando ancora non si sono sviluppate vene varicose.

Per quanto riguarda la letteratura scientifica disponibile, la gran parte degli studi è stata effettuata in soggetti con insufficienza venosa.
L’escina si è mostrata efficace miglioramento di sintomi come il senso di gonfiore, mentre nella sindrome post trombotica non vi è ancora evidenza di una sua azione positiva in termini di prevenzione e trattamento.
La dose somministrata è stata di 40 mg per bocca per 21-25 giorni. Il dosaggio generalmente consigliato, tuttavia, è di 100 mg al giorno; va prestata attenzione se si soffre di patologie al fegato o di insufficienza renale.

Infine, anche sotto forma di gel l’escina si è mostrata efficace, questa volta nel migliorare gli edemi post traumatici (distorsioni, contusioni) ma anche il gonfiore legato all’insufficienza venosa.
Il dosaggio testato è stato di due applicazioni al giorno per tre settimane.

Rutina

La rutina è una sostanza appartenente alla categoria dei flavonoli, la troviamo nella pianta denominata Ruta Glaveolens ma soprattutto in alcuni alimenti come il grano saraceno, il , la passiflora e la mela.

Il primo aspetto interessante della rutina è legato ad un suo componente, la quercetina, che peraltro è presente nelle foglie di ibisco o karkadè, oltre che nello stesso ippocastano, nella calendula, nel biancospino, nella camomilla e nel Gingko Biloba.

La ritenzione idrica può essere contrastata con la quercetina
Tra gli alimenti, quelli particolarmente ricchi di quercetina sono il cappero, il levistico, l’uva rossa e il vino rosso, la cipolla rossa, il tè verde, il mirtillo, la mela, la propoli e il sedano.

Questa molecola determina una vasodilatazione a livello renale, che a sua volta aumenta la filtrazione di liquidi in questo organo favorendo una azione diuretica.
La quercetina, quindi, è un ottimo integratore per contrastare la ritenzione idrica, e si mostra efficace anche nel ridurre il senso di affaticamento che spesso si percepisce nel periodo primaverile ed estivo.
Il dosaggio non dovrebbe essere superiore a 300 mg al giorno.

Tornando alla rutina, ricordo che ha una potente azione antinfiammatoria e anti-proliferativa, e per questo è stata ampiamente studiata nei tumori e nelle malattie neuro-degenerative.

Centella asiatica

La Centella Asiatica è una pianta tipicamente presente in India e in altri paesi dell’Asia, la si trova ad altitudini montane e per secoli è stata usata come erba medicinale, per migliorare la memoria e il tono dell’umore.
Inoltre, è antiossidante e contribuisce a migliorare il controllo della pressione arteriosa.

La ritenzione idrica può essere contrastata con la centella asiatica

Le sostanze attive contenute nella Centella Asiatica sono anche in questo caso appartenenti alla categoria delle saponine.
Esse agiscono specificamente sul tessuto connettivo che costituisce le pareti delle vene, regolando la produzione delle molecole strutturali che lo compongono.
In particolare, l’azione si focalizza sulla sintesi di collagene, una delle sostanze cardine del tessuto connettivo stesso e che, tra l’altro, serve per la cicatrizzazione delle lesioni cutanee.
Studi su modelli animali, infatti, hanno mostrato che la Centella Asiatica velocizza la guarigione delle ferite.

In termini di ritenzione idrica, studi “in vivo” hanno mostrato un’azione protettiva della Centella Asiatica sui vasi capillari, una regolazione della loro permeabilità e un effetto antiossidante.
Nell’uomo si è osservata una riduzione della circonferenza alla caviglia, del gonfiore e del tasso di filtrazione capillare in soggetti che hanno assunto gli estratti di Centella Asiatica per 4-8 settimane. Il miglioramento è stato ottenuto anche nei sintomi soggettivi come gonfiore e pesantezza.

In queste ricerche, però, i parametri usati per definire la ritenzione idrica sono stati eterogenei, in alcuni casi quantitativi, in altri qualitativi. Oltretutto, si analizzavano soggetti con vari livelli di gravità di insufficienza venosa insieme a soggetti sani.
Queste distorsioni statistiche hanno portato a definire non ancora comprovato l’effetto della Centella Asiatica, almeno dal punto di vista strettamente scientifico.

Basandoci sull’esperienza clinica, possiamo tuttavia sfruttare le proprietà, comunque esistenti, di questa sostanza, nella dose di 60 mg da una a tre volte al giorno, per 4-6 settimane.
Bisognerebbe evitare di assumere contestualmente farmaci sedativi, perché sommerebbero la loro azione a quella della Centella, già di per sé tranquillante.

Conclusioni e consigli

Il problema della ritenzione idrica è complesso. Essa può essere ricondotta ad insufficienza venosa di tipo funzionale o a stasi linfatica, presente in alcuni stadi della cellulite e del lipedema.
Il comune denominatore sembra essere rappresentato dagli ormoni estrogeni, che agiscono sulla redistribuzione del grasso corporeo e sull’attività propulsiva delle vene e dei vasi linfatici.

Ci sono diverse sostanze che contrastano la ritenzione idrica, molte delle quali con una azione notoriamente efficace nella pratica clinica.
Secondo la letteratura più recente, mancano delle evidenze soprattutto per quanto riguarda la Centella Asiatica, a causa di fattori statistici che rendono necessarie delle ricerche più ampie e con parametri più rigidi.
Per il resto, una corretta integrazione può giocare il suo ruolo nel combattere questo problema.

Va ricordato che è importante limitare il consumo di sale e bere molto, per idratare adeguatamente la matrice extracellulare. In caso di ritenzione idrica questo tessuto è, in apparenza paradossalmente, disidratato, perchè il ristagno di liquidi si accompagna anche ad accumulo di molecole e cellule nello spazio extracellulare, rendendo questo fluido linfatico più denso del normale.

Fonti

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6776292/pdf/dddt-13-3425.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5355559/pdf/main.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3116297/?report=printable

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3594936/pdf/ECAM2013-627182.pdf

https://www.minervamedica.it/it/riviste/international-angiology/articolo.php?cod=R34Y2017N02A0093

http://www.sicve.it/wp-content/uploads/2016/10/Flebologia-LG-SICVE-SIF.pdf

gambe pesanti e doloranti

Rimedi per le gambe pesanti e doloranti

La presenza di gambe pesanti e doloranti è tipica del periodo primaverile/estivo e spesso si accompagna a crampi e sensazione di gonfiore. Il problema interessa soprattutto le donne, in particolare se svolgono un lavoro sedentario o se passano molte ore ferme in piedi, anche a causa del fattore ormonale legato all’azione degli estrogeni.

Questi spiacevoli disturbi possono comparire durante la giornata ma soprattutto alla sera, o in alcuni casi vengono avvertiti costantemente. Oltre alla sensazione di gambe pesanti e doloranti, si avvertono crampi, stanchezza e senso di gonfiore, che destano a volte preoccupazione in quanto fanno pensare a una trombosi o comunque a possibili eventi gravi.

Perché le gambe sono pesanti e doloranti?

La sensazione di gambe pesanti e doloranti è un sintomo tipico dell’insufficienza venosa, una patologia causata dalla progressiva perdita di funzione drenante delle vene delle gambe, che tendono a dilatarsi progressivamente alimentando il reflusso del sangue, anche a causa della perdita di continenza delle valvole venose.

Quando le vene si sfiancano, il sangue tende a ristagnare nei punti più declivi della gamba.
Questo provoca da un lato l’esordio di sintomi come dolore, pesantezza alle gambe, crampi o anche prurito, dall’altro un aumento della permeabilità dei vasi capillari e l’attivazione delle cellule del sangue, con il risultato che i liquidi fuoriescono nei tessuti generando gonfiore e infiammazione.

Anche le persone sane o con forme di insufficienza venosa solo funzionale possono avvertire gambe pesanti e doloranti in questo periodo, perché l’aumento della temperatura esterna causa una dilatazione delle vene che serve a smaltire il calore, ma che dall’altra parte è responsabile dei disturbi.
Le donne risentono maggiormente di questi problemi perché gli ormoni estrogeni diminuiscono a loro volta il tono venoso, per cui la comparsa di disturbi è frequente nelle diverse fasi del ciclo mestruale o in caso di assunzione di alcune tipologie di terapia ormonale o contraccettiva.

Quali sono i rimedi per le gambe pesanti e doloranti?

Le sostanze venoattive o flebotoniche sono un gruppo eterogeneo di molecole che hanno una azione importantissima sul sistema venoso e sul microcircolo.
Queste sostanze hanno un’origine per lo più vegetale, infatti sono state largamente usate in passato come erbe medicinali e oggi vengono estratte dalle piante o in parte sintetizzate, quindi è possibile trovarle in alcuni alimenti ma più spesso si assumono sotto forma di integratori.

Le sostanze venoattive, tralasciando la loro classificazione che potrebbe risultare noiosa, hanno numerosi effetti positivi in comune.
Per prima cosa aumentano il tono venoso, cioè agiscono sulla parete delle vene migliorandone la contrazione e favorendo quindi il drenaggio di sangue.
Hanno anche una potente azione antiossidante, cioè proteggono le cellule delle vene e dei capillari dallo stress indotto dal ristagno di sangue e dallo stravaso di liquidi, e per questo sono state studiate anche nelle neoplasie.
Agiscono contrastando l’infiammazione, che si attiva a causa del ristagno di sangue proprio per l’attivazione di cellule come i leucociti e i monociti/macrofagi, che con il tempo si rendono responsabili dei danni nei tessuti extra-vasali.
Inoltre, riducono la permeabilità dei capillari e quindi contrastano il gonfiore e l’edema che possono svilupparsi a causa della stasi di sangue, e regolano la densità del sangue stesso evitando l’aggregazione tra le sue cellule il che favorirebbe l’attivazione infiammatoria e della coagulazione.

Cosa sono i flavonoidi?

gambe pesanti e doloranti

L’elenco delle sostanze venoattive è molto lungo, ma in questa sede ci soffermeremo sui flavonoidi ed in particolare sulla frazione flavonoide.

I flavonoidi sono dei metaboliti delle piante che appartengono alla famiglia dei polifenoli; generalmente costituiscono i pigmenti delle piante stesse e si trovano soprattutto nei loro frutti e nelle foglie, ma a volte anche nelle radici come nel caso del Ruscus.
Tra i flavonoidi ricordiamo due categorie di sostanze molto attive sulle vene e sui capillari, ma che condividono anche le proprietà antiossidanti che abbiamo visto nelle sostanze venoattive: gli antociani e le proantocianidine.

Gli antociani sono responsabili dei colori rosso, blu e violetto dei frutti e delle bacche che li contengono, come ad esempio il ribes, la ciliegia, il cavolo rosso, l’uva rossa, la fragola, il sambuco e le bacche in generale L’alimento che contiene più antociani in assoluto è l’aronia, una pianta dalle bacche molto aspre.
Anche le proantocianidine si trovano all’interno di frutti rossi come mirtilli e uva rossa, ma anche nel tè verde e nel cacao.

Una sostanza molto importante appartenente alla categoria dei flavonoidi e largamente utilizzata è la frazione flavonoide (detta anche frazione flavonoide purificata micronizzata o più semplicemente FFPM), un composto semisintetico costituito per il 90% da diosmina e per il 10% da flavonoidi.
La diosmina non è altro che una molecola semisintetica con una potente azione di supporto del sistema venoso, e deriva da un flavonoide naturale, l’esperidina.

Come funziona la frazione flavonoide?

La frazione flavonoide aumenta il tono venoso agendo sui segnali nervosi che regolano la contrazione delle cellule muscolari, situate nella parete delle vene e responsabili della loro capacità propulsiva.
Questo avviene grazie all’aumento che questa sostanza esercita sulla concentrazione di noradrenalina, che è la molecola che stimola la contrazione di queste cellule favorendo così il flusso di sangue.

Gli effetti benefici della frazione flavonoide sono stati indagati da numerosi e vasti studi scientifici, confermati anche da recenti revisioni della letteratura.
Un primo dato interessante è emerso da studi effettuati su una popolazione di soggetti sani con sintomi come pesantezza e dolore alle gambe, associati alla presenza di capillari; come abbiamo già detto si tratta di un problema tipico delle donne, maggiormente soggette a questi disturbi per i fattori ormonali legati al ciclo o alla terapia contraccettiva.

In queste persone, la presenza di capillari visibili era accompagnata anche dal riscontro di reflusso sulla vena grande safena, evidenziato alla fine della giornata lavorativa e tipicamente nel contesto di attività sedentarie o in cui veniva mantenuta la stazione eretta per molte ore.
La presenza di reflusso a fine giornata, pur essendo da considerare un fatto ancora fisiologico, potrebbe evolvere col tempo nello sviluppo di vene varicose superficiali, sovraccaricate dal protrarsi del ristagno di sangue.

La somministrazione di un grammo al giorno di frazione flavonoide per tre mesi ha migliorato nettamente i sintomi, il discomfort e la qualità di vita dei soggetti indagati, e si è anche osservata una scomparsa del reflusso precedentemente osservato.
Questo dato è importante perché mostra che il trattamento con flavonoidi è anche in grado di rallentare l’evoluzione dell’insufficienza venosa, e possono trarne beneficio anche le persone già affette da questa malattia nelle sue diverse fasi.

Naturalmente, l’assunzione di flavonoidi non fa scomparire i capillari, che sono la sede di micro reflussi superficiali e rappresentano uno stadio iniziale dell’insufficienza venosa; in questo caso bisognerà sottoporsi ad un trattamento di scleroterapia per avere il risultato auspicato.

La FFPM ha un altro effetto importante, cioè riduce la permeabilità dei vasi capillari contrastando il gonfiore alle gambe, un’altra conseguenza dell’insufficienza venosa o anche del mantenere per molte ore la posizione eretta.
Infine, la frazione flavonoide accelera anche la guarigione delle ulcere venose, che rappresentano lo stadio più grave dell’insufficienza venosa; questa proprietà è legata all’azione antinfiammatoria della sostanza oltre che di riduzione della permeabilità dei capillari e di miglioramento del flusso sanguigno.

Consigli

In conclusione, raccomando spesso di assumere questa molecola per almeno un mese, ma meglio se per tre mesi, con il dosaggio di un grammo al giorno.
La frazione flavonoide, infatti, si è dimostrata tra le sostanze più efficaci nel ridurre la sensazione di gambe pesanti e doloranti, oltre che migliorare la qualità di vita anche in soggetti sani che soffrono di questa problematica a causa di fattori costituzionali o legati allo stile di vita.
Non ci sono particolari controindicazioni alla sua somministrazione, ma è meglio non assumerlo durante la gravidanza e l’allattamento in quanto non è stata dimostrata la sua sicurezza in queste situazioni.

In caso di gambe pesanti e doloranti, tuttavia, credo sia opportuno effettuare anche una visita specialistica per diagnosticare una eventuale insufficienza venosa e pianificare, in questo caso, il giusto iter terapeutico.

Fonti

https://www.minervamedica.it/it/getfreepdf/DPtk5U3LFEImWyO0DnXZ%252BZlmkqp6b%252FX2OsmDZ%252BaUPELwx9hLcWYXyGSCMjffJ9s%252FCfxuDq%252BoWObQgJspWBo75w%253D%253D/R34Y2017N02A0189.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7004432/pdf/12325_2019_Article_1218.pdf

https://www.minervamedica.it/it/getfreepdf/62rK2LeaZadmZhf8lMJPNc5mCHoOlHcsY5Eip5EDZ8FMo6opInlSIXIpSHbtUaJ60L47poeHhRkpDysYV00cAw%253D%253D/R34Y2018N02A0143.pdf

http://www.sicve.it/wp-content/uploads/2016/10/Flebologia-LG-SICVE-SIF.pdf

geloni alle mani e ai piedi

Geloni alle mani e ai piedi: cause e rimedi efficaci

È possibile avere i geloni alle mani e ai piedi anche in primavera o in estate?
Sicuramente accade con minore frequenza rispetto all’inverno, ma alcune persone soffrono di questo problema anche se fa caldo e con parecchio disagio.

Riscontro questo disturbo più frequentemente nelle donne, che lamentano un grosso imbarazzo nel porgere la mano o nel mostrare le dita a causa del loro colore violaceo o comunque scuro.

Ma quali sono le cause sottostanti, o meglio, si tratta effettivamente di un problema di circolazione?
In che modo si può migliorare la situazione?

In effetti il problema è più eterogeneo di quello che sembra. Vediamone le cause e come si può migliorare la situazione, cercando di essere più sintetici possibile per dare indicazioni utii a chi soffre di questo problema.

Cause dei geloni alle mani e ai piedi

I cosiddetti geloni alle mani e ai piedi in realtà non sono i geloni propriamente detti; vedremo successivamente il perché.
Per ora diciamo che il problema si riconduce generalmente ad una alterazione nella microcircolazione cutanea a livello delle estremità degli arti.

La microcircolazione è una struttura microscopica dove i piccoli vasi arteriosi si sfioccano nei capillari, nei quali avviene il passaggio di sostanze nutrienti e ossigeno alle cellule, per poi proseguire nelle vene che riporteranno il sangue al cuore.
Le arterie della microcircolazione, chiamate arteriole, sono dei tubicini che si allargano e si restringono a seconda degli stimoli grazie alla presenza di cellule muscolari che albergano nella loro parete.

In caso di geloni alle mani e ai piedi si possono verificare due condizioni: un’ostruzione meccanica di questi vasi oppure una contrazione eccessiva delle cellule muscolari della parete, chiamato vasospasmo.

Le ostruzioni sono causate da patologie gravi come le vasculiti, cioè infiammazioni dei vasi sanguigni, o le embolie, cioè chiusure improvvise di un’arteria a causa di un frammento di sangue coagulato che arriva seguendo la circolazione.
Altre situazioni che causano ostruzione sono trombosi in presenza di tumori o presenza di malattie del sangue che lo rendono troppo denso.

Il vasospasmo è alla base dei cosiddetti geloni; si tratta di una contrazione eccessiva e duratura delle cellule muscolari delle piccole arterie che provoca un temporaneo calo del flusso sanguigno, solitamente reversibile.

Quali problemi stanno alla base del vasospasmo? Ci sono alcune condizioni cliniche da conoscere; vediamole di seguito.

1) Fenomeno di Raynaud

Si tratta di un vasospasmo a livello dei piccoli vasi delle dita che si scatena solitamente con l’esposizione al freddo o in risposta agli stimoli emotivi come paura o ansia.
Non è necessario che la temperatura sia particolarmente rigida per scatenare un attacco in quanto è sufficiente che ci sia un passaggio da caldo a freddo.

La causa sembra risiedere in una iper-reattività delle fibre nervose che regolano la contrazione delle cellule muscolari delle arteriole, un fattore quindi molto soggettivo.

Come si manifesta?
La forma tipica ha tre fasi. Inizialmente compare uno sbiancamento improvviso ad una o più dita, causato dal minor flusso di sangue, successivamente il dito diventa bluastro a causa della scarsa ossigenazione del sangue e infine diventa rosso viso a causa di una vasodilatazione compensatoria.

Non sempre sono presenti tutte e tre le fasi ma lo sbiancamento deve essere presente per poter porre la diagnosi, mentre le altre due fasi sono variabili. Ricordiamo che, oltre al cambiamento di colore, possono associarsi anche dolore, alterazioni della sensibilità come formicolii o intorpidimento o raramente comparsa di ulcere sulla pelle; la durata dell’attacco è in genere di 10-20 minuti.

Il fenomeno di Raynaud si osserva tipicamente in una o più dita della mano o del piede, di solito compare sia nella faccia volare che dorsale del dito e  può comparire anche in altre estremità del corpo come il naso, le orecchie o i capezzoli.
Dal punto di vista delle sue cause dobbiamo distinguere la forma primitiva da quella secondaria; vediamole brevemente.

geloni alle mani e ai piedi

Forma primitiva

La forma primitiva non ha cause apparenti, compare soprattutto a partire dall’età adolescenziale nelle femmine e di solito c’è una familiarità; il problema interessa circa il 10% della poplazione.
Tra le caratteristiche principali del fenomeno primitivo va ricordato che, di solito, inizia su un dito ma poi si propaga alle altre dita in modo abbastanza simmetrico e bilaterale.
Il dolore, se presente, è moderato e non compaiono ulcere.

Forma secondaria

La forma secondaria si associa condizioni cliniche variabili di cui è manifestaizone, compare più spesso nell’età adulta e nel sesso maschile e di solito coinvolge un solo dito in maniera asimmetrica e monolaterale.
A seconda della causa possono esserci forme gravi, anche con dolore intenso e comparsa di ulcere.

Vediamo le cause principali di forma secondaria del fenomeno di Raynaud.

Connettiviti

Si tratta di patologie subdole, caratterizzate spesso da risposte autoimmunitarie che provocano infiammazioni dapprima nelle articolazioni e nei muscoli che poi si estendono ai vari organi e ai vasi sanguigni; alcuni esempi sono la sclerodermia, il lupus eritematoso e l’artrite reumatoide.
In queste patologie il fenomeno di Raynaud può essere tendenzialmente più grave, e la sua comparsa può precedere anche di anni l’esordio conclamato  della malattia di base.
Per questo motivo è fondamentare indagarlo, in quanto la diagnosi precoce di connettivite consente di evitarne la progressione a danno d’organo.

Farmaci

Alcuni farmaci possono provocare il fenomeno di Raynaud, come i beta bloccanti non selettivi, usati per lipertensione o anche in forma di gocce oculari, la ciclosporina, i farmaci per l’emicrania a base di ergotamina, estrogenici senza progesterone, alcuni farmaci per la chemioterapia o sostanze stupefacenti come cocaina ed efedrina.

Forme occupazionali

In questi casi il fenomeno di Raynaud si manifesta in persone che lavorano con strumenti vibranti, come martelli pneumatici, probabilmente a causa di una azione meccanica dello strumento.

Infine ricordiamo che, in presenza di un fenomeno di Raynaud primario o secondario, ci sono dei fattori che possono peggiorarlo aumentando la frequenza e l’intensità degli attacchi.
Tra questi ricordiamo il fumo di sigaretta, che peggiora la vasocostrizione, e la presenza di alcune malattie come l’aterosclerosi, la sindrome dello stretto toracico, il feocromocitoma e la sindrome del tunnel carpale.

2) Acrocianosi periferica

In questa situazione osserviamo cianosi alle estremità di mani e piedi, cioè colorito bluastro della cute dovuto a carenza di ossigeno, in donne tipicamente molto magre o anoressiche.
A volte si associano sintomi come senso di freddo e ipersudorazione, ma senza perdita di sensibilità; questa patologia è solitamente benigna e sembra legata ad una alterazione nella termoregolazione per scarsità di grasso.

3) Livedo

Consiste nella comparsa di un reticolo bluastro sulla pelle degli arti inferiori, tipicamente alle cosce ma anche in altre parti del corpo come l’addome.
Anche in questo caso il fenomeno è dovuto ad una alterazione delle arteriole cutanee che provoca un accumulo di sangue deossigenato nelle piccole vene cutanee.
La livedo esiste in forme primitive che sono benigne, tipiche delle donne e che spariscono quando si scalda la zona, e in forme secondarie a fenomeni di embolia sulle arterie, farmaci o vasospasmo causato dal freddo.

4) Lesioni da freddo non gelido

Queste lesioni compaiono quando i liquidi corporei stanno per tanto tempo esposti a temperature fredde ma non congelanti (circa -0,5 °C), soprattutto se in presenza di umidità o ambiente bagnato senza riuscire ad asciugare correttamente le dita.
Questa patologia può capitare a chi svolge attività lavorative al freddo e utilizzando l’acqua.

Quando cessa l’esposizione al freddo e ci si riscalda, compaiono sintomi tipici di neuropatia sensitiva cioè intorpidimento, formicolii o sensibilità alterata, ma nei casi gravi i soggetti non riescono a esporsi nuovamente a quelle temperature perché compaiono gonfiore, dolore e ipersudorazione.

Si tratta di una condizione clinica probabilmente sottostimata e sotto diagnosticata.

5) Geloni propriamente detti

Ecco cosa sono realmente i geloni: lesioni cutanee infiammatorie che compaiono a livello dei polpastrelli, sul letto ungueale oppure nel dorso delle dita in persone esposte a temperature non congelanti.
Sono lesioni rosse o violacee, rilevate, e compaiono tipicamente a fine inverno o inizio primavera, ma solitamente regrediscono in alcune settimane.

geloni alle mani e ai piedi

6) Congelamento

In questo caso, per l’esposizione a temperature glaciali, si formano cristalli di ghiaccio nei tessuti delle estremità con lesioni di gravità variabile, che possono arrivare alla necrosi con conseguente necessità di amputare le dita.

Sono situazioni tipiche degli alpinisti estremi.

Quali esami fare in caso di cosiddetti geloni alle mani e ai piedi

Ecodoppler – visita angiologica – innanzitutto va esclusa la presenza di placche aterosclerotiche nelle arterie degli arti superiori, patologia non frequente ma che si osserva ad esempio in caso di diabete o insufficienza renale, per valutare subito lo stato della circolazione e fare una prima diagnosi differenziale tra le varie condizioni viste sopra.

Visita reumatologica con esami del sangue – in presenza di sintomi suggestivi di connettivite come dolori muscolari e articolari, soprattutto se in età adulta, è opportuno effettuare una visita specialistica con esami del sangue, mirati alla ricerca di auto-anticorpi e di alterazione degli indici di infiammazione.

A giudizio dello specialista reumatologo, poi, si potrànno poi eseguire esami più specifici come la capillaroscopia, che dà informazioni dettagliate sulla microcircolazione mostrando alterazioni tipiche in caso di connettivite.

Come curare i geloni alle mani e ai piedi?

La terapia ha l’obiettivo di migliorare la qualità di vita della persona e non di eradicare il problema, che molto spesso non si può togliere alla radice.

Le fasi della terapia sono due; vediamole.

Prima fase – strategie comportamentali

– bisogna evitare i fattori che possono scetanare il vasospasmo quindi proteggersi dal freddo con calzini o guanti (nei casi gravi valutare anche presidi riscaldabili), soprattutto quando si prendono in mano oggetti freddi come cibo surgelato;
– cercare di mantenere una temperatura uniforme in tutto il corpo e non solo alle estremità, quindi indossare abiti caldi e a strati, compatibilmente con la stagione;
– cercare di controllare gli stati emotivi, quindi imparare a gestire lo stress e l’ansia con tecniche di rilassamento; in questo modo si ridurrà la frequenza degli attacchi;
– in presenza di un attacco di vasospasmo mettere al caldo la parte interessata, ad esempio a contatto con il corpo, per velocizzarne il recupero (sembra banale ma non lo è);
importantissimo non fumare, come ripeto sempre (si ha un sensibile miglioramento), inoltre evitare sostanze eccitanti tipo caffè e simili e farmaci visti in precedenza, quando possibile, oltre che evitare l’uso di strumenti vibranti nel caso delle forme professionali.

Seconda fase (se la prima non funziona) – terapia farmacologica

– i farmaci di prima scelta sono i calcio antagonisti ad azione ritardata, farmaci usati per l’ipertensione che agiscono sulle cellule muscolari delle arteriole rilassandole e causando vasodilatazione.
Alcuni principi attivi sono la Nifedipina o l’Amlodipina, si parte da dosaggi minimi e li si aumenta pian piano; naturalmente possono esserci effetti collaterali come mal di testa, vasodilatazione, gonfiore, ma questi disturbi di solito spariscono nel giro di qualche settimana e per questo i pazienti vanno incoraggiati a tollerarli.
– Ci sono farmaci di seconda scelta ed eventualmente farmaci iniettabili per via endovenosa, ma per questo più difficili da gestire a domicilio.

Consigli pratici

In casi di geloni alle mani o ai piedi è opportuna una visita nell’ambito vascolare, comprensiva di ecodoppler, e come primi rimedi vanno seguiti quelli visti in precedenza, perché danno dei buoni risultati anche se possono essere tediosi da mettere in pratica.
Dobbiamo ricordarci che non esiste una pillola magica per far sprire il problema, ma bisogna piuttosto indagarlo con il medico e studiarne gli approcci più opportuni per migliorarlo.

Sarebbe sempre bene indagare l’ambito vascolare, soprattutto se il problema compare in età adulta, per escluedre concomitanti problrmi di circolazione. Nel caso ci fosse il sospetto di una connettivite, sarà opportuno approfondire con una visita specialistica reumatologica ed esami mirati.

Fonti

https://econtent.hogrefe.com/doi/pdf/10.1024/0301-1526/a000661

https://www.ccjm.org/content/ccjom/84/10/797.full.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6139949/pdf/ms113_p0123.pdf